Questa edizione della rivista Psicoterapeuti in Formazione pone il focus sulla trasversalità di quadri cognitivo-emotivi complessi lungo il continuum fra normalità e psicopatologia. La presenza però delle stesse emozioni nei diversi contributi non deve far pensare che siano innescate dagli stessi trigger e che sfocino negli stessi comportamenti, sia a livello primario sia secondario. La combinazione peculiare di diversi elementi e sistemi di significato personali rende difficile una comparazione fra le varie dimensioni psicopatologiche e costringe il clinico a trattare ognuna di esse come un’entità a sé.

Nel primo contributo si analizza il comportamento di autoferimento, generalmente definito come un comportamento deliberato, ripetitivo e diretto che altera la superficie corporea senza un intento suicidario consapevole. Questo comportamento è preceduto da uno stato di arousal e presenza di acute emozioni negative come ansia, disperazione, rabbia, che decrescono nella loro intensità dopo l’azione di autoferimento con concomitante sensazione di sollievo.

In alcuni casi si può arrivare anche a tentare il suicidio; alcuni autori ritengono che l’intento della persona che tenta il suicidio non sia tanto quello di togliersi la vita ma di “bloccare la coscienza”, ossia eliminare qualsiasi dolore psicologico, mentre quello della persona con comportamenti autoriferiti non sarebbe di eliminare la coscienza ma di modificarla allo scopo di avere un sollievo dalla propria sensazione di dolore. I fattori predisponenti sono scarso supporto sociale, omosessualità, abuso di alcool e droghe, depressione e psicosi.

Il secondo articolo fornisce un’accurata descrizione del sostegno emotivo ai caregivers di pazienti con quadri emotivo-comportamentali instabili e complessi. Nello specifico si descrivono il modello biopsicosociale e la pianificazione dell’intervento psicologico secondo la tecnica dell’Acceptance and Commitment Therapy, spostando il focus sul ruolo della famiglia nel processo terapeutico. Tra i risultati maggiormente significativi si registrano l’aumento dell’accettazione di malattia e la diminuzione di emozioni negative, grande ostacolo al percorso terapeutico.

In un numero come questo, caratterizzato da emozioni forti e pervasive, non poteva mancare un articolo che prendesse in considerazione la dipendenza affettiva e la relativa difficoltà a connotarla come disturbo autonomo o meno. Per cercare di risolvere la questione saranno analizzate le analogie neurobiologiche, psicologiche e comportamentali tra “l’amore romantico”, la Dipendenza Affettiva e la Dipendenza da uso di sostanze, per poi individuare le analogie con altri disturbi, in particolare con il Disturbo Ossessivo-Compulsivo, con i Disturbi dell’Umore, con la Co- dipendenza e con il Disturbo Dipendente di Personalità. Infine, sarà effettuata una trattazione cognitiva della dipendenza affettiva, in modo da far emergere gli elementi costituenti.

Per chiudere la sezione dei contributi teorici, gli autori si sono addentrati in quella parte dello spettro emotivo in cui le persone, a causa di profonde distorsioni nell’analisi, riconoscimento e percezione delle emozioni proprie e altrui finiscono per danneggiare gravemente gli altri. È il caso del profilo psicologico dello stalker, studiato da molti anni ma difficilmente inquadrato in maniera univoca. La definizione che meglio sembra cogliere le diverse sfaccettature dello stalker è basato su una valutazione tri-assiale, che prende in considerazione la motivazione predominante dello stalker e il contesto all’interno del quale nasce il suo comportamento, il rapporto preesistente con la vittima e l’eventuale diagnosi psichiatrica. A conclusione dell’articolo vengono anche descritte ipotesi di trattamento, sia in termini di cura dello stalker sia di prevenzione di comportamenti lesivi.

Rispetto alla sezione clinica, i ricercatori si sono concentrati su due casi di fobia sociale, uno dei quali con trascorsi di Disturbi Specifici dell’apprendimento e Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività. In entrambe le trattazioni sono evidenziati gli elementi costituenti e il trattamento effettuato. Il terzo caso clinico ci racconta di un caso di depressione con tratti di personalità paranoide. L’autore si è concentrato sulla formulazione d’ipotesi alternative di lettura delle condotte dell’altro, definendone i pensieri, le emozioni e gli scopi. Nell’ultimo contributo si descrivono interventi cognitivi di accettazione e di defusione di natura ACT all’interno della terapia di una paziente costretta a interrompere la chemioterapia a causa di una grave reazione allergica ai farmaci. I risultati più apprezzabili si sono ottenuti in termini di incremento della flessibilità psicologica, dello “stare nel momento presente” e nella pianificazione e messa in atto di comportamenti funzionali, coerenti con le proprie aspettative.

 

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