In questo numero il filo comune tra i contributi, secondo me, è rappresentato dai disturbi evitante e narcisistico di personalità. Il primo interessante contenuto, firmato dalla Dott.ssa Aquilar, sottolinea come questi due disturbi hanno caratteristiche relazionali opposte, come se rappresentassero, l’ uno per l’ altro, l’ immagine riflessa contraria. Infatti la persona evitante teme il giudizio negativo degli altri, a causa dell’ idea di sé come inadeguato, e per questo sente di occupare una posizione relazionale di inferiorità. Al contrario il narcisista sente di meritare un trattamento speciale dagli altri, ha un’ idea di sé grandiosa e si sente superiore agli altri. La collega sottolinea come i due disturbi, nonostante l’ apparente diversità, condividano il senso di non appartenenza al gruppo, sottolineando l’ ipotesi di caratteristiche sottostanti comuni e trasversali ai due disturbi, come anche la bassa autostima e il timore di essere umiliati.
Il Dottor Pellecchia, nella presentazione del suo caso clinico, approfondisce il lavoro psicoterapeutico su un caso di fobia sociale, con caratteristiche di personalità evitante. Attraverso una lettura metacognitiva ed interpersonale del caso, il collega riporta i punti centrali della terapia, come la modulazione degli stati mentali di estraneità e di diversità, il senso di non appartenenza e di non condivisione.
Nel caso di un paziente narcisista, presentato dal Dottor Petrocchi, vengono evidenziate, nella formulazione del caso, alcune caratteristiche centrali del disturbo, come il senso di vuoto e di fallimento, il rimpianto verso il passato, il timore degli altri, l’ invidia verso le persone vicine a lui e il senso di ingiustizia verso il mondo. Il collega sottolinea, nei laddering considerati, anche lo scopo da perseguire (essere considerato dagli altri “speciale”) e l’ antiscopo da cui fuggire (non apparire agli altri) e tutti i meccanismi di evitamento che il paziente attua. Nella seconda parte il collega presenta gli obiettivi terapeutici, le tecniche ei risultati raggiunti.
Nell’ altro contenuto, all’ apparenza slegato dal filone centrale del numero, vi è il contributo della Dott.ssa Fera, sulla sua esperienza presso il CSM di Colleferro con la psicoeducazione dei pazienti bipolari e dei famigliari. Ho scritto “all’ apparenza slegato” dato che il disturbo bipolare presenta spesso, in comorbilità, tratti narcisistici di personalità. La collega, con estrema precisione, sottolinea come, negli ultimi decenni, si sia data molta importanza all’ educazione del paziente e della famiglia, al fine di riconoscere i segnali di potenziali cambiamenti dell’ umore e per migliorare il trattamento delle diverse fasi della malattia, condizioni che prevengono le ricadute e i ricoveri.
Il caso di un paziente bipolare del Dott. Moroni conferma l’ importanza della psicoeducazione nel trattamento di questi pazienti, dato che una maggiore consapevolezza del proprio funzionamento dà anche la possibilità di riconoscere, prendere le distanze da e modificare i propri pensieri disfunzionali.
Concludo l’ editoriale con il caso della Dott.ssa Bottelli, che presenta il trattamento cognitivo – comportamentale di una paziente con Disturbo di Panico e Agorafobia, dove la collega descrive il lavoro di ristrutturazione cognitiva sulle credenze di fragilità e debolezza fisica e il lavoro successivo sul senso di colpa del sopravvissuto, provato nei confronti dei familiari che non ci sono più.
Alberto Collazzoni