Il primo lavoro presente in questo numero, Assessment e terapia dei sintomi negativi e positivi nella psicosi, tratto dalla tesina di specializzazione di Paolo Fabrizi, rappresenta bene il senso di questa rivista: è la descrizione di come la terapia cognitiva può essere applicata a disturbi che rappresentano sempre una sfida per un terapeuta, ovvero le psicosi con i suoi sintomi come deliri, allucinazioni ecc. Ciò che caratterizza e distingue il trattamento di una patologia piuttosto che un’altra è la sua concettualizzazione (la comprensione dei processi di funzionamento alla base di un disturbo) e la strategia terapeutica generale; le procedure e le specifiche tecniche applicate sono una diretta conseguenza della concettualizzazione del disturbo (e dello specifico paziente).
I casi di Barbara Masciopinto (Don Chisciotte: il dramma della non esistenza) e di Chiara Muscara (Doc con tratti di personalità paranoide) sono una buona descrizione di come il cambiamento dei contenuti mentali nelle patologie caratterizzate soprattutto da disfunzioni nella vita relazionale, come i disturbi di personalità, passi attraverso la creazione di una buona relazione terapeutica e, soprattutto, la modulazione degli scopi e delle strategie relazionali usate per raggiungerli (spesso disfunzionali).
Il caso di Cristina Salvatori, Mina: un disturbo d’ansia generalizzata e panico, è un esempio chiaro di del ruolo centrale che i problemi secondari hanno nei disturbi d’ansia, così come il caso di Anna Pappalardo (Disturbo ossessivo compulsivo con blasfemia) mette bene in evidenza la centralità degli scopi morali nel disturbo ossessivo compulsivo.
Gesti autolesivi come coping disfunzionale a un intenso disagio emotivo e a un generale senso di indegnità personale: questa è la semplice ed efficace, dal punto di vista del trattamento, tesi del caso di Fiore Mancini I gesti autolesivi di Natalia. La concettualizzazione del caso è sovrapponibile alla risposta che da Jude il protagonista del romanzo Una vita come tante (Hanya Yanagihara) alla domanda “perché lo fai?” sui gesti autolesivi “A volte perché mi sento a pezzi o in imbarazzo, e devo trasformare in sofferenza fisica quello che provo. (…) A volte perché sono troppe cose insieme e ho bisogno di non sentirne nessuna – mi aiuta a farle andare via. A volte perché sono felice e devo ricordare a me stesso che non me lo merito” .
di Claudia Perdighe
CONTENUTI
Paolo Fabrizi Assessment e terapia dei sintomi negativi e positivi nella psicosi pp. 4-30
CASI CLINICI
Barbara Masciopinto Don Chisciotte: il dramma della non esistenza pp. 31 – 42
Fiore Mancini I gesti autolesivi di Natalia pp. 43 – 49
Chiara Muscarà Vittoria: Doc con tratti di personalità paranoie pp. 50 – 69
Cristina Salvatori Mina: un caso di GAD con panico pp. 70 – 81
Anna Pappalardo Disturbo ossessivo compulsivo con blasfemia pp. 82 – 106