Fenomenologia dell’attaccamento disorganizzato
La comprensione attuale dei comportamenti di attaccamento disorganizzato nella primissima infanzia si basa sulla teoria di Main e Solomon che nel 1986 hanno scelto la definizione “disorganizzato/disorientato” per descrivere le diverse gamme di comportamenti spaventati, strani, disorganizzati o apertamente in conflitto manifestati durante la procedura della Strange Situation di Ainsworth.
I comportamenti mostrati dai bambini ritenuti sino ad allora inclassificabili presentavano aspetti che avrebbero potuto indurre, in egual misura, ad una classificazione secondo la categoria sia A, che B, che C. Ad esempio, alcuni bambini in assenza della madre piangevano e la chiamavano (comportamento tipico della categoria B e C), per rimanere poi in silenzio al momento del ricongiungimento (comportamento A). Altri bambini, invece, si avvicinavano alla madre al momento della riunione (comportamento B) e, subito dopo aver stabilito il contatto, si scostavano bruscamente, rimanendo immobili al centro della stanza (comportamento A).
Ciò che i bambini “ inclassificabili” avevano in comune era la manifestazione di comportamenti disorganizzati ed apertamente conflittuali, in presenza del genitore. Alcuni bambini piangevano mentre cercavano di raggiungere la madre, per poi tacere improvvisamente e rimanere “congelati” ed immobili per diversi secondi . Oppure, altri bambini all’arrivo dell’estranea sembravano spaventati da questa ma al contempo si allontanavano dal genitore; al momento della separazione chiamavano attraverso la porta il genitore per poi allontanarsi da questo al momento della riunione; mentre erano evidentemente di buon umore, colpivano con forza il viso del genitore con un’espressione simile alla trance; avvicinavano il genitore con la testa voltata dall’altra parte, come se non potessero organizzare il loro comportamento nel senso dell’avvicinamento né in quello dell’evitamento e dovessero mescolare le due tendenze in un’azione inevitabilmente caotica, goffa, incoerente. Molti di questi atteggiamenti appaiono simili ai comportamenti definiti “conflittuali” dagli etologi, vale a dire comportamenti che derivano dall’attivazione simultanea di sistemi incompatibili (Main e Hesse 1992).
I modelli di attaccamento differenziati dalla Ainsworth erano comunque caratterizzati da un’organizzazione del comportamento e da una strategia di relazione madre-bambino univoca. Main aveva osservato che i bambini classificati nella categoria D mancavano invece di un orientamento strategico e di una coerenza con lo scopo del comportamento d’attaccamento, tanto da determinare un collasso strategico (Pallini, 2008).
La recente documentazione sulle risposte dell’organismo allo stress va a sostegno di questa visione dell’attaccamento disorganizzato come strategia inefficace di coping. Si è scoperto, infatti, che la manifestazione di comportamenti disorganizzati nei bambini è accompagnata da un marcato aumento dei livelli di cortisolo seguita a stress delimitati nel tempo. Nei modelli animali, la secrezione di cortisolo è correlata con l’incapacità dell’animale di confrontarsi efficacemente con l’agente di stress. I bambini con una classificazione d’attaccamento disorganizzato evidenziavano, in risposta a brevi separazioni, livelli di cortisolo significativamente più elevati di quelli dei bambini sicuri. In altre parole, i bambini disorganizzati non sapendo utilizzare strategie di attaccamento organizzate cadevano preda di una disregolazione fisiologica e comportamentale (Lyons-Ruth, Bronfman, Atwood, 1999).
Studi recenti hanno dimostrato che è improbabile che i bambini nei primi anni siano classificati come disorganizzati con più di una figura d’attaccamento, suggerendo quindi che l’attaccamento disorganizzato emerge all’interno di un certo tipo di relazione, e non deriverebbe da tratti individuali o caratteristiche innate del bambino (Lyons-Ruth e Jiacobvitz, 1999).