Relazione diadica sbilanciata e disorganizzazione dell’attaccamento
Lyons-Ruth, Bronfman e Atwood (1999), preferiscono porre l’accento sulla dimensione intersoggettiva più generale di perdita della sintonia comunicativa fra madre e bambino nella loro analisi della disorganizzazione dell’attaccamento. Le autrici si propongono di valutare e ampliare l’ipotesi di Main ed Hesse proponendo un modello di “diatesi relazionale” che integra l’attenzione di Main ed Hesse per gli eventi traumatici specifici occorsi nella storia della figura di accudimento con una valutazione del tipo di relazione sotterranea che si esprime nella vulnerabilità al trauma.
Pongono l’accento sull’esistenza di processi relazionali disregolati e non reciproci tra genitore e figlio , caratterizzati da “ostilità” e “impotenza”, in cui “un partner agisce a spese dell’altro”. Considerano uno specifico fattore di rischio le esperienze traumatiche irrisolte nel passato del genitore, vissute senza sperimentare conforto e lenimento. L’espressione di dolore e di paura di un figlio potrebbe evocare nel genitore stati affettivi dolorosi e irrisolti, tanto da indurlo a limitare l’attenzione cosciente nei confronti degli indicatori di questi sentimenti espressi dal figlio.
Questo squilibrio nei processi relazionali può essere osservato, secondo le autrici, in un’ampia gamma di modelli di relazione. Uno schema di dominanza/sottomissione all’interno del quale il genitore si oppone in modo coercitivo alle iniziative del piccolo e le contrasta costituisce l’esempio più ovvio di questo squilibrio relazionale. Comunque, l’interferenza con le iniziative del piccolo può avvenire in forme molto più sottili che di primo acchito sembrano avere a che fare con l’impotenza più che con il potere. Il ritiro e la mancanza di rispondenza sono esempi evidenti nei quali il genitore non responsivo pùò sembrare depresso e impotente assai più che ostile e coercitivo. Nondimeno, l’esito finale di una posizione di non rispondenza è di impedire gli sforzi del piccolo di raggiungere una regolazione condivisa della relazione d’attaccamento (Lyons-Ruth, Bronfman e Atwood, 1999).
In sostanza, laddove una figura di cura abbia sviluppato una condizione mentale di dissociazione in rapporto a traumi o esperienze di perdita non elaborati, può manifestare una specifica difficoltà a prestare un’attenzione flessibile agli stati affettivi dolorosi del figlio, bloccando sul nascere la capacità di modulare e regolare gli affetti dolorosi. Questo comportamento andrebbe a confermare un’ipotesi ormai accreditata nella letteratura sull’attaccamento disorganizzato, cioè quella relativa alla trasmissione intergenerazionale delle strategie di attaccamento.
Bambini maltrattati diventano con molta probabilità genitori maltrattanti (Lyons-Ruth e Jiacobvitz, 1999). Nel campione ad alto rischio osservato da Sroufe e coll. il 40% dei genitori che erano stati abusati maltrattava i loro figli e il 30% prestava delle cure al limite dell’abuso. Vi era quindi un 30% di donne che aveva interrotto questa sequenza di violenza. Esse avevano avuto un supporto emotivo alternativo alla figura abusante, si erano sottoposte a psicoterapia, oppure potevano contare sul sostegno efficace di un compagno. Queste madri erano in grado di integrare le loro esperienze di abuso in un senso integrato di sé. Le madri che perpetuavano il ciclo di abuso erano invece più ansiose, depresse, dipendenti e immature e risultavano con un alto punteggio di dissociazione alla DES. Ricordavano le loro esperienze infantili in modo idealizzato, frammentato o non integrato (Pallini, 2008).
Il gruppo di ricerca che fa capo a Lyons-Ruth ha messo a punto un nuovo codice di siglatura dell’AAI che si concentra su due tipi di rappresentazioni di sé con l’altro improntate all’ostilità (hostility) e all’impotenza (helplessness). Questo tipo di codifica (HH) dimostra, rispetto a quello centrato sulla mancata risoluzione di lutti e traumi, una correlazione ancora più stretta fra deficit delle funzioni integratrici della coscienza nella FdA e disturbi della coscienza (correlati all’attaccamento D) nel bambino.