di Giulia Pelosi*
*Scuola di Psicoterapia Cognitiva di Roma
Tempo fa su Netflix mi sono imbattuta in una serie televisiva statunitense, Bates Motel; la serie rappresenta una specie di reboot piuttosto che un vero prequel del film “Psycho” di Alfred Hitchckock.
Per chi non lo sapesse il film che all’epoca riscosse enorme successo dalla critica traeva ispirazione da un fatto realmente accaduto. Il protagonista di Psycho “Norman Bates” è infatti l’incarnazione della figura di Ed Gein, noto serial killer davvero esistito, agricoltore e baby sitter del Wisconsin, arrestato in seguito all’omicidio di diverse casalinghe. Questa personalità diabolica e altamente disturbata suscitò l’interesse di molti altri scrittori e produttori cinematografici (vedi “Il silenzio degli innocenti” “Non aprite quella porta” e “Deranged”) proprio perché la psiche, quella dimensione dell’animo umano così imprevedibile e a volte così incomprensibile, rappresenta una delle tematiche più affascinanti della storia della cinematografia.
Ma torniamo alla serie americana, in Bates Motel gli sceneggiatori hanno basato la storia sui personaggi del libro e del film “Psycho” incentrando tutto sul rapporto madre-figlio, interpretati da una bravissima Vera Farmiga (Norma Bates) e da uno straordinario Freddie Highmore (Norman Bates) attore già molto noto al grande schermo fin da piccolissimo e candidato ad un Golden Globe per la serie tv “The Good Doctor”.
La serie, a differenza della pellicola hitchckockiana, è ambientata ai giorni nostri e pone il focus attentivo sulla figura dell’adolescente Norman che vive un complicato rapporto con gli altri ragazzi della sua età e in modo particolare un rapporto morboso ed opprimente con la mamma Norma, una donna soffocante con la mania del controllo verso ogni aspetto della vita del figlio, pronta ad indurre forte senso di colpa ad ogni occasione di possibile autonomia ed indipendenza del ragazzo. Il cuore della serie risiede proprio nel rapporto simbiotico e patologico tra il giovane e la mamma e racconta il passaggio di Norman da timido studente a serial killer tra i più famosi della storia. Entrambi i personaggi soffrono di diversi disturbi mentali e tendono ad agire sempre d’impulso commettendo una serie di errori che li cacceranno in guai sempre più grandi.
Tutto ha inizio con la scoperta del cadavere del padre di Norman trovato morto in casa in condizioni fin da subito poco chiare. La scomparsa pesa subito sullo stato psichico del ragazzo mentre sembra non scalfire la madre, che si mostra unicamente interessata a proteggere il figlio dalla possibile scoperta della verità. Da questa tragica vicenda inizia per i due protagonisti una nuova vita, incassano l’assegno dell’assicurazione sulla vita del padre di Norman e si trasferiscono nell’apparentemente tranquilla White Pine Bay in California dove acquisteranno un Motel.
Ciò che desta molto interesse in questa serie dal punto di vista psicologico è la messa in scena del ciclo interpersonale altamente disfunzionale tra madre e figlio, o se vogliamo, viene messo in onda il concetto di complesso edipico che trae ispirazione dalla teoria psicoanalitica di Sigmund Freud secondo il quale tra il figlio e la mamma esiste un legame più profondo che sfocia in un insieme di desideri sessuali. Nella concezione freudiana il figlio assumerebbe un atteggiamento ambivalente di desiderio di morte e sostituzione nei confronti del genitore dello stesso sesso e desiderio di possesso, esclusivo e morboso nei confronti del genitore di sesso opposto. L’attaccamento psicosessuale di Norman nei confronti di Norma è sempre più evidente e man mano che si procede con gli episodi si scoprono particolari sempre più inquietanti. La mente di Norman peggiora episodio dopo episodio portandolo in uno stato allucinatorio confusionale in cui immagina di avere continue conversazioni con la madre che gli suggerisce di fare sempre “la cosa giusta”. Norman soffre di disturbo dissociativo dell’identità, tanto che a volte crede di essere lui la donna, altre è convinto che sia stata la madre a compiere quei violenti omicidi al posto suo , altre volte presenta sintomi come amnesie dissociative ricorrenti, caratterizzate dalla totale incapacità di ricordare importanti eventi traumatici e informazioni rilevanti di fatti appena accaduti.
Sempre più ossessionato, geloso e squilibrato si convince dunque di dover difendere “a tutti i costi” la madre da eventuali possibili minacce e conseguenze legate ai reati. Se da un lato l’attaccamento del ragazzo si fa sempre più patologico dall’altro viene controbilanciato con un altrettanto insano legame di Norma verso il figlio. Nella serie viene messo in scena continuamente la rimozione del vissuto, Norman passa da una personalità all’altra dimenticando ciò che ha fatto e Norma fa di tutto per impedire la presa di coscienza della patologia determinando l’alimentazione della stessa. Sono frequenti in lui fughe dissociative, alterazioni improvvise di forti emozioni, impulsi e azioni senza il senso personale del controllo. La sensazione è quella che il protagonista provi emozioni, metta in pratica atteggiamenti e comportamenti “non propri”, sembra che avvenga tutto fuori dal suo corpo, più esattamente fuori dal suo controllo (totale perdita del senso di agency). La trasformazione di Norman in un serial killer ha probabilmente delle componenti genetiche, ma è soprattutto frutto di profondi traumi avvenuti nel contesto familiare che era costretto a subire sin da piccolo.
La serie risulta affascinante perché si muove lungo un quesito al quale tuttora non si riesce a dare risposta: psicopatici si nasce o si diventa?
Inoltre, è davvero ammirevole la capacità degli autori di cogliere e mettere in pratica le numerose sfumature dei due personaggi, tanto che gli stessi interscambiano continuamente il ruolo di vittima e carnefice.
Lo spettatore viaggia lungo un continuum che va dalla fascinazione, interesse psicologico alla repulsione, infatti, tutte le scene in cui si relazionano Norman e Norma ( già avere lo stesso nome la dice lunga…) suscitano una specie di tensione percepita come “sbagliata” quasi incestuosa, sguardi troppo ravvicinati, balli troppo lenti, carezze, baci sulle labbra e le scene in cui dormono abbracciati. I protagonisti fanno sperimentare allo spettatore una sorta di disagio derivato dalla percezione di un rapporto eccessivo, patologico, scaturito da ripetuti traumi con la “T” maiuscola e continui traumi con la “t” minuscola che lasciano ferite profonde nelle vite di entrambi i personaggi.