Meccanismi di mantenimento
Meccanismi di mantenimento |
Meccanismo Implicato |
Programmarsi un esiguo numero di esami da fare a sessione ed evitare di dare gli esami
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Riduce il senso di autoefficacia e incrementa la sovrastima del pericolo di fare una brutta figura.
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Attenzione selettiva verso alcuni giudizi
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Determina una sovrastima delle informazioni compatibili con l’ ipotesi di non ricevere stima o di essere indifferente agli altri. |
Cicli interpersonali: § Madre e sorella la invitano a compilare Curricula Vitae e a cercare un lavoro
§ Atteggiamento oblativo
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Le rimandano un’idea di bassa efficacia e di debolezza.
Le consente di mantenere una relazione distaccata dagli altri, con cui non entra in intimità.
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Attenzione selettiva verso le prestazioni degli altri
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Determinano una sovrastima delle capacità altrui vs le sue personali in-capacità |
Doverizzazioni
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Le impediscono darsi dei criteri di scelta basati su preferenze, desideri e motivazioni.
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Affect as infromation
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Mantiene in particolar modo l’ansia per le prestazioni (se ho paura vuol dire che andrà male).
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Ruminazioni |
Determina una focalizzazione sulla catastroficità del giudizio negativo, impedendole di costruire delle strategie di problem solving. |
Vulnerabilità
Storica:
§ Isolamento in adolescenza
§ Percepita svalorizzazione delle sue capacità intellettive vissuta con senso di ingiustizia
§ Confronto con la sorella molto performante
§ Elevati standard familiari
§ Standard morali familiari molto rigidi
§ Madre “debole”: cede alla richiesta di occuparsi della cugina schizofrenica: Idea che se sei debole gli altri si approfittano di te, vieni sminuito e non vieni rispettato.
§ Malattia della cugina
Attuale:
§ Credenza che la debolezza e la vulnerabilità implichino una diminutio del valore personale
§ Credenza che se sei vulnerabile gli altri possano approfittarne
Trattamento
Il piano di trattamento ha previsto più fasi:
1. FASE 1a-Riduzione della sintomatologia depressiva acuta (anedonia, insonnia)
Fase 1b-Comprensione dei meccanismi alla base della depressione e dei fattori che la mantengono.
2. FASE 2–Modificazione della percezione di inadeguatezza
3. FASE 3–Miglioramento delle abilità sociali
L’obiettivo implicito della prima fase della terapia era di stabilire le condizioni utili all’inizio di un lavoro personale (la paziente presentava insonnia, umore molto depresso, facile faticabilità). Per conseguire questo obiettivo, inviata la paziente ad un neuropsichiatra per la revisione della terapia farmacologica, ho iniziato una fase di psicoeducazione sulla depressione e di costruzione, attraverso la condivisione in seduta degli ABC relativi alla tristezza, dello schema di mantenimento dell’anedonia (circolo vizioso faticabilità-passività). Questo ci ha permesso di consolidare l’alleanza terapeutica e di lavorare sulla riduzione della passività: abbiamo impostato un diario settimanale delle attività (in cui la paziente ha annotato quotidianamente le attività svolte, il senso di stanchezza e il grado di interesse/piacere provato nello svolgerle) e programmato compiti graduati da svolgere (prepararsi la merenda, cucinare una lasagna, andare in libreria, prendere appuntamento dall’estetista, iniziare a frequentare un gruppo di amici). Il monitoraggio a casa e in seduta dei pensieri disfunzionali e la ricostruzione delle dinamiche interpersonali antecedenti e conseguenti gli episodi di tristezza hanno permesso alla paziente di migliorare l’insight relativo al suo problema, presentato inizialmente come un fatto esterno compromettente la qualità della vita della paziente e svincolato totalmente da ogni sua possibilità di padroneggiamento. Il lavoro successivo è stato quindi una discussione delle autocritiche della paziente, delle distorsioni cognitive (etichette stereotipate, pensiero tutto o nulla, ragionamento emotivo, ipergeneralizzazioni, doverizzazioni) e dei vantaggi e degli svantaggi che occorrono quando vi presta ascolto. In questa fase l’utilizzo della tecnica della freccia discendente ci ha permesso di evidenziare che alla base della tristezza di G. ci sia il fallimento di un’ idea di riscatto rispetto all’adolescenza, età in cui si è sentita isolata e squalificata dagli altri; l’antigoal caratterizzante i vissuti emotivi di G. è: devo apparire brava ed efficace, altrimenti sono inadeguata (non all’altezza di essere amata® attesa di rifiuto). Una parte di questa fase è stata dedicata alla condivisione dei meccanismi di mantenimento della tristezza; abbiamo lavorato in particolare sulle ruminazioni, gli evitamenti e l’attenzione selettiva verso i giudizi altrui. Tutte queste operazioni sono state accompagnate da un intervento costante di validazione emotiva, con lo scopo di normalizzare e condividere l’esperienza di G., improntata su una rappresentazione di sé come inadeguata e vulnerabile.
Al termine di questa prima fase la paziente ha iniziato a dormire più a lungo e si è sentita più attiva e tranquilla. Il monitoraggio dei pensieri disfunzionali le ha permesso di normalizzare il disturbo, di osservare quali eventi, con maggiore frequenza e regolarità si associano all’emersione degli stati di tristezza e di comprendere il ruolo dei fattori di mantenimento del problema, favorendo l’istaurarsi di un clima di attiva collaborazione.
Le successive fasi del trattamento sono incentrate sulla percezione di Inadeguatezza che presenta la paziente. La fase n. 2 è stata strutturata al fine di promuovere una ristrutturazione cognitiva ed una accettazione del timore di apparire inadeguata, partendo dalle strategie di coping utilizzate dalla paziente incentrate prevalentemente sull’evitamento. A livello interpersonale questo timore impediva alla paziente di fare scelte autonome e di esporsi alle situazioni in cui potevano trasparire alcune sue manchevolezze sociali e professionali e si rivelava responsabile di un atteggiamento interpersonale passivo. L’obiettivo è stato quindi di normalizzare la percezione di inadeguatezza e favorire una maggiore autonomia di giudizio. La percezione di inadeguatezza, come si evince dalla fase precedente, si associa alle credenze di poter essere rifiutata e di essere giudicata non amabile. Abbiamo ricostruito tali credenze (a partire dagli ABC che la paziente faceva a casa) individuando il loro ruolo negli stati depressivi, nell’andamento universitario e nelle relazioni interpersonali. Gli interventi che ho improntato con la paziente sono stati focalizzati sulla riduzione del timore di essere giudicata inadeguata a causa dei comportamenti che mette in atto (evitamenti nel dare gli esami o nel partecipare attivamente ai gruppi di studio): servendomi del Dialogo Socratico, della Tecnica della torta,della ricostruzione delle Prove a favore/contro e della tecnica del Doppio Standard ho cercato di ridurre la percezione di minaccia, aiutando la paziente a formulare ipotesi alternative rispetto a ciò che gli altri pensano di lei e alla credenza di essere rifiutata a causa dell’inadeguatezza. Inoltre ho ritenuto opportuno favorire una accettazione e normalizzazione dell’ipotesi di apparire a volte come inadeguata: mi sono servita delle tecniche standard (Dialogo Socratico, Doppio Standard) e delle tecniche dell’accettazione mutuate dall’ACT (distinzione tra pensiero e fatto, osservazione dell’evento emotivo per tutta la sua durata senza prendere provvedimenti quali la ruminazione). Questo lavoro è culminato con una serie di Esposizioni (chiedere una spiegazione ai colleghi, proporre agli amici di andare a prendere un tè, iniziare a frequentare un corso di ballo) tramite le quali la paziente ha potuto sperimentare e modificare in vivo i pensieri disfunzionali alla base dell’evitamento sociale. Infine abbiamo lavorato sulla credenza che essere inadeguati implichi non essere amati , servendoci delle tecniche cognitive standard (Dialogo Socratico, Doppio Standard, Prove a favore/contro) finalizzate a modificare gli errori cognitivi implicati in questa credenza, in particolare le eccessive generalizzazioni e le polarizzazioni.
Al termine di questa fase la paziente ha iniziato a migliorare lievemente le capacità di giudizio e di decentramento, presentando un minore investimento sul timore di inadeguatezza. Ha iniziato inoltre a dare gli esami all’università e a selezionare un gruppo di amiche con cui uscire il Sabato e la Domenica sera. Da un punto di vista sociale la paziente inizia a esporsi maggiormente: si è inserita in un gruppo di studio tra pari e ha iniziato a fare richieste (ad es. di spiegazioni su capitoli o esercizi che non aveva capito).
Emerge però un altro aspetto degno di attenzione nella relazione tra pari: la rabbia. La paziente diviene molto critica verso i colleghi e gli amici: ne critica le abitudini e i gusti, si lamenta di essere poco capita, reagisce con moti di profonda rabbia verso persone che sembrano interessarsi più profondamente a lei. La fase n. 3 perciò affronta lo schema di Inadeguatezza della paziente a partire dalle strategie di coping utilizzate dalla paziente e incentrate prevalentemente sull’ipercompensazione.
A partire dagli ABC riportati in seduta abbiamo potuto ricostruire le emozioni disturbanti prevalenti durante le interazioni di G. con i coetanei. In particolare G. alterna una profonda tristezza dovuta al pensiero di essere “trasparente agli occhi degli altri” ad una profonda rabbia dovuta a pensieri del tipo:
§ “Che egoiste le mie amiche! Nonostante io faccia tanto per loro, nessuna si interessa mai a me/ nessuna mi chiede mai se sono felice”
§ in situazioni di aumentata intimità: “come si permette di chiamarmi “piccola”?/come si permette di darmi consigli? So badare perfettamente a me stessa!”
L’obiettivo implicito di questa fase è stato quindi aiutare la paziente a riconoscere il ruolo del suo comportamento (oblativo e non richiedente) nel determinare la percezione di essere “trasparente” agli occhi degli altri. In una prima fase abbiamo ricostruito alcuni ABC relativi a situazioni in cui la paziente ha sperimentato rabbia nel rapporto con le amiche e abbiamo ricostruito le dinamiche interpersonali caratterizzanti questi episodi . Attraverso il Dialogo Socratico e la tecnica del Laddering abbiamo ridefinito due temi alla base delle strategie interpersonali utilizzate (anche storicamente) dalla paziente per contrastare la percezione di Inadeguatezza:
1. “Come si permette di darmi consigli” = che rimanda ad un conflitto forte /debole (“Non devo apparire debole. Se sei debole gli altri si possono approfittare di te”).
2. “Oblatività” = “faccio tanto, ma non ricevo attenzioni” che rimanda alle credenze:
§ “se chiedi puoi essere sottomesso dagli altri”
§ “se non riesci a seguire i consigli che ti danno dimostri ancora di più la tua incapacità”
§ “se chiedi puoi non ottenere aiuto e comprensione”
Abbiamo quindi potuto lavorare sulle credenze disfunzionali relative all’idea di debolezza e di diminutio del valore personale. Inizialmente ci siamo concentrati sul conflitto Forte/ Debole, sia riducendo i termini del conflitto attraverso Dialogo Socratico e l’analisi dei Costi/Benefici delle due condizioni, sia normalizzando, attraverso la tecnica del Doppio Standard, l’idea di debolezza. Successivamente abbiamo lavorato sull’oblatività. Attraverso una analisi dei vantaggi e degli svantaggi dell’atteggiamento oblativo abbiamo messo in evidenza i costi dell’eccessiva disponibilità e ridefinito l’atteggiamento non richiedente della paziente come una strategia che le consente di mantenere una posizione up nelle relazioni. Una parte di questa fase è stata dedicata alla vulnerabilità: attraverso l’Imagery with Rescripting abbiamo lavorato su momenti passati in cui ha avuto difficoltà e non ha ricevuto aiuto e comprensione. Abbiamo terminato questa fase attraverso un Training Assertivo e una serie di Esposizioni (parlare ad un’amica di un recente momento di tristezza, chiedere un consiglio).
Al termine di questa fase a paziente ha migliorato notevolmente la qualità dei rapporti interpersonali: sa esprimere richieste e preferenze, sa mettere un confine alle richieste degli altri, sa parlare di sé mostrando i pregi e non nascondendo i difetti e le difficoltà, inizia ad avere rapporti sociali caratterizzati da una maggiore intimità.