Introduzione
Una larga parte della nosografia psichiatrica e, in particolare, l’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV, APA, 1994), tende ad individuare essenzialmente in due sindromi, l’anoressia nervosa (AN) e la bulimia nervosa (BN), l’insieme dei disturbi dell’alimentazione. Caratteristica fondamentale comune ad entrambe le sindromi è la presenza di un’alterata percezione del peso e della propria immagine corporea. L’aspetto tipico dell’AN è il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale, mentre la BN è caratterizzata da ricorrenti episodi di “abbuffate” seguiti dall’adozione di mezzi inappropriati per controllare il peso (vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno, iperattività fisica). I disturbi dell’alimentazione che non soddisfano i criteri di nessun disturbo specifico vengono classificati come “disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati” (NAS). Tra questi, particolare interesse suscita il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI) o Binge Eating Disorder (BED) degli autori anglosassoni inserito nell’appendice B del DSM-IV (APA, 1994), nella versione italiana.
L’espressione Binge eating è stata coniata da Hyman Cohen, professore di liceo in cura presso Stunkard per un problema di obesità. Può trovare la traduzione italiana con “abbuffata compulsiva”, anche se letteralmente, significa “cedere alla tentazione di mangiare”. Oggi giorno è usata in psichiatria per comporre il nome di una diagnosi il Binge Eating Disorder o Disturbo d’Alimentazione Incontrollata.
Il Disturbo da alimentazione incontrollata, conosciuto in letteratura sin dal 1950, è caratterizzato da episodi di abbuffate ricorrenti e reiterate nel corso della giornata è associato alla sensazione di perdere il controllo dell’atto del mangiare. (Tavola1). Questo disturbo può condurre all’assunzione di un’elevata quantità di cibo e a conseguente aumento ponderale.
Il DSM IV indica per il DAI, un insieme di criteri che hanno bisogno di ulteriori studi. Secondo il DSM IV non vi sono ancora informazioni sufficienti per stabilire una diagnosi standard, ma non è errato dire che, episodi frequenti di abbuffate, senza successive condotte compensatorie sono il denominatore comune fra i soggetti afflitti dal DAI.
Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata Un episodio di alimentazione incontrollata si caratterizza per entrambi i seguenti criteri: · Mangiare, in un periodo definito di tempo (ad esempio entro due ore), una quantità di cibo assai superiore a quella che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo di tempo ed in circostanze simili. · Sensazione di perdita di controllo nel mangiare durante l’episodio (ad esempio, sensazione di non riuscire a fermarsi mentre si sta mangiando). |
Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre o più dei seguenti sintomi: · Mangiare molto più rapidamente del normale · Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni. · Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati. · Mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando. · Sentirsi disgustati verso sé stessi, depressi, o molto in colpa dopo le abbuffate. |
È presente marcato disagio riguardo al mangiare incontrollato |
Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, mediamente, almeno per due giorni alla settimana in un periodo di 6 mesi |
L’alimentazione incontrollata non è associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (ad esempio digiuno, vomito provocato, esercizio fisico prolungato, uso di purganti |
Tavola 1. I criteri diagnostici per il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DSM-IV)
È stato a lungo dibattuto se i disturbi dell’alimentazione rappresentino un “continuum”, che va dal comportamento alimentare normale alla sindrome franca, o se invece costituiscano categorie discrete, qualitativamente distinte, che comprendono anche il semplice “seguire diete” (dieting) e “fare abbuffate” (binge) (Polivy e Herman, 1987).
Coloro che sostengono l’ipotesi del “continum” specificano che esistono numerosi disturbi distribuiti in modo continuo nella popolazione generale e il problema non consiste nel fatto che un individuo abbia o no il disturbo, ma piuttosto che quota di esso ne presenti (Striegel-Moore, 1992).
Numerosi studi hanno dimostrato, infatti, come AN e BN, considerate forme cliniche conclamate, colpiscano solo la metà delle persone che si rivolgono ai servizi per la cura dei problemi dell’alimentazione, mentre, nella popolazione generale, le forme atipiche, definite anche sindromi parziali, subcliniche, sottodiagnostiche, subliminali, subfrequenti e disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati, sono molto più rappresentate delle forme conclamate (Shisslak et al., 1995).
Epidemiologia
Si stima una frequenza del disturbo da alimentazione incontrollata (DAI), nei campioni di popolazione generale statunitense, pari al 2% – 5%, mentre negli obesi che cercano di dimagrire e si rivolgono a strutture specialistiche tale frequenza varia dal 15% al 50% con una media del 30% (Marcus, 1995). Altri studi riportano in campioni di popolazione generale un tasso di prevalenza dallo 0,7 al 4% (DSM IV), (0,6-3% – Gardner e Dalle Grave, 1999).
Il DAI è più frequente nel sesso femminile con un rapporto maschi/femmine di 2/3. L’età media di insorgenza è 15 -19 anni e all’inizio ma anche dopo la terza decade spesso a seguito di una significativa perdita di peso attraverso la dieta; dopo i 30 anni mantiene un andamento costante fino ai 55 anni e poi si assiste ad una flessione netta nella senescenza. È presente in tutte le classi sociali, soprattutto tra quelle di livello socioeconomico più basso. Rispetto ai soggetti obesi, gli obesi con DAI sembrano mostrare una familiarità per obesità più elevata, un’età di insorgenza dell’obesità più precoce, spesso preceduta da un periodo di alcuni mesi durante il quale si sono sottoposti ad una dieta a basso contenuto calorico per sovrappeso (Fairburn e Wilson, 1993).
Comportamenti alimentari anomali “Non-BED”
L’analisi dei disturbi alimentari rivela che esistono ulteriori varianti diverse dal BED, forme meno note che possono anche precedere o coesistere con il Disturbo da Alimentazione Incontrollata.
“Night Eating Sindrome” (Sindrome da alimentazione notturna): caratterizzata da assenza di fame la mattina (talora fino al tardo pomeriggio), alimentazione in eccesso la sera, difficoltà ad addormentarsi (spesso è necessario mangiare qualcosa per riuscire ad addormentarsi), risvegli notturni accompagnati dalla necessità di mangiare qualcosa per riuscire a riaddormentarsi, presenza di stress o di depressione. La NES differisce dal BED per tre motivi principali:
1. maggior numero di risvegli notturni
2. quantità di cibo assunta durante i risvegli notturni minore rispetto alle tipiche abbuffate (circa 270 kcal ad ogni risveglio nella NES, circa 1300 Kcal ad ogni abbuffata nel DAI)
3. minore preoccupazione per il peso e le forme corporee.
La NES va distinta anche dal Disturbo Notturno del Sonno associato al Disturbo dell’Alimentazione (NS-RED). Le persone affette da NES sono coscienti mentre mangiano e ricordano con precisione quello che hanno assunto, quelle con NS-RED non sono coscienti mentre mangiano e non ricordano quello che hanno ingerito, inoltre soffrono di sonnambulismo, mangiano del cibo inusuale e in genere non hanno problemi di depressione e stress.
Nibbling: il soggetto non ha un vero e proprio problema di peso, ma è afflitto da una lieve depressione che lo induce, soprattutto nei momenti di noia ad assumere frequentemente piccole quantità di cibo (sbocconcellare) senza assumere un pasto normale e senza essere mai sazio. All’esordio, spesso, l’individuo opta per cibi poco calorici che gli consentono di mantenere un peso nella norma, a lungo andare, quantità e qualità degli “spuntini” variano fino a portare all’obesità.
Gorging: la persona assume grandi quantità di cibo ma poco frequentemente.
Exerciting: Il soggetto ha un’alimentazione equilibrata, però è ossessionato dall’idea di bruciare calorie attraverso un’estenuante attività fisica con l’obiettivo di mantenere un peso ideale e avere un corpo apprezzato dagli altri.
Vomiting: il soggetto si abbuffa in modo compulsivo e a volte ricorre al vomito auto-indotto pur di continuare a godere del piacere del cibo mantenendo così un peso normale o poco superiore.
Disturbo del Comportamento Alimentare Aspecifico: il peso è quasi sempre nei parametri normali del BMI, ciononostante, il soggetto per dimagrire ulteriormente, ricorre al vomito auto-indotto dopo i pasti normali.
Sindrome “Mastica e Sputa” (Chewing and spitting): tali soggetti passano parte del loro tempo a masticare grandi quantità di cibo che non viene deglutito. Questo disturbo non sempre viene riferito dalla persona che prova un senso di colpa e vergogna.
Dieta Cronica (Dieting): tali soggetti svolgono apparentemente una vita normale ma polarizzano i loro interessi verso un controllo esasperato del peso, una costante attenzione alla dieta e a sentimenti di angoscia ogni volta che questo varia rendendo problematica la loro vita sociale.