Rimuginio: come uscirne
Il rimuginio, esperienza normale e comune tra gli esseri umani, diventa patologico nel momento in cui diviene eccessivo ed incontrollabile. Questo tipo di rimuginio è caratteristico dei disturbi d’ansia, in generale, e del Disturbo d’Ansia Generalizzato, in particolare.
Il rimuginio è, quindi, un processo cognitivo che presuppone il pensare in modo ripetitivo a temi negativi legati ad una minaccia futura. La funzione del rimuginio è quella di essere un meccanismo di evitamento volto a prevenire danni futuri, a ridurre le esperienze di immagini e sensazioni spiacevoli ed i correlati fisiologici negativi legati all’immagine negativa degli scenari futuri. Il rimuginio è mantenuto da diversi fattori: credenze positive legate all’attività di rimuginare, credenza che da lui dipenda il mancato realizzarsi dell’evento temuto e, grazie al rinforzo negativo, inibizione del manifestarsi di emozioni ed attivazione fisiologica negative. Come conseguenza della sua natura astratta, linguistico-verbale e del suo impatto negativo sull’orientamento verso i problemi il rimuginio ne impedisce la risoluzione e l’elaborazione emotiva del materiale ansioso. Il rimuginio cronico ha, così, pesanti impatti sulla salute fisica e mentale essendo causa di problemi cardiovascolari, tensione muscolare, insonnia, problemi interpersonali.
Essendo il rimuginio un processo pervasivo che coinvolge tutti i disturbi di Asse I (Barlow, 1998) e contribuisce in modo significativo alle loro origini e al loro mantenimento la sua terapia può avere un ampio beneficio non solo per il disturbo d’ansia, ma anche per disturbi diversi da quello ansioso.
Per quanto riguarda la terapia del rimuginio farò riferimento alle strategie di intervento proposte dal gruppo di lavoro di Lorenzini, Sassaroli, Ruggiero et al.
La proposta di lavoro fa riferimento a tre principi:
1. I disturbi psicologici sono spesso associati a comportamenti appresi che assumono la forma di abitudini e che quindi vengono ripetuti indipendentemente dalla consapevolezza. Un punto saliente della terapia consiste nel rendere i pazienti consapevoli dei propri comportamenti e degli stimoli, interni ed esterni, che li elicitano. Ciò passa attraverso l’osservazione oggettiva e il monitoraggio dei comportamenti e dei loro antecedenti.
2. Il rimuginio è un evento che può presentarsi in qualsiasi momento della giornata ed in corrispondenza di una qualsiasi situazione, vi è, pertanto, il rischio che diventi un evento condizionato da una pluralità di fatti. Più frequenti saranno gli episodi di rimuginio più numerosi saranno i fatti a cui potrebbe essere associato e più numerosi saranno i fattori in grado di scatenarlo. Per ridurre l’attività del rimuginio è, pertanto, opportuno metterlo in relazione con un numero limitato di condizioni ambientali.
3. La terapia comportamentale suggerisce che un ottimo modo per diminuire la frequenza di un comportamento non adattivo è rafforzare il comportamento adattivo contrario. Sappiamo che il rimuginio è caratterizzato da pensieri negativi sul futuro, ciò comporta che il soggetto non presti attenzione al momento presente. È proprio su questo che è possibile lavorare: spostare l’attenzione sul presente, che non è coinvolto nei pensieri negativi e nelle preoccupazioni che sono indirizzate verso il futuro, da cui è opportuno distogliere l’attenzione.
Come sostengono Borkovec, Wilkinson, Folensbee e Lerman (1983)Ai pz è quindi opportuno dare
queste indicazioni:
a. Imparare ad identificare i pensieri negativi che caratterizzano il rimuginio distinguendoli da quelli più utili rivolti al momento presente.
b. Scegliere un momento, di circa mezz’ora, all’interno della giornata (possibilmente sempre alla stessa ora e trovandosi nello stesso posto) da dedicare al rimuginio
c. Interrompere e posticipare il rimuginio al momento apposito quando ci si rende conto di rimuginare nel momento non stabilito.
d. Durante la mezz’ora dedicata al rimuginio impegnarsi per individuare soluzioni che permettano di affrontare ed eliminare le preoccupazioni.
Un’alternativa a questo metodo è stata messa a punto dalla dottoressa Boutsalis che ha ideato la “tecnica della zona libera da rimuginio” (worry free zone). Questa tecnica consiste nell’individuare alcuni momenti, alcune situazioni, alcuni spazi in cui al paziente è chiesto di non rimuginare e di posticipare il rimuginio ad un altro momento o ad una situazione, un contesto diverso. Col passare del tempo la persona diventerà sempre più abile nel rispettare la consegna, a quel punto si potrà chiedere di dilatare il tempo di permanenza nella zona libera da rimuginio e successivamente di aggiungere, gradualmente, il numero delle zone. L’obiettivo è che le zone, da brevi e ridotte, arrivino a coprire la maggior parte della giornata.
Una variante della zona libera dal rimuginio è la zona libera dai pensieri (thought free zone), tecnica per la quale valgono gli stessi principi sopra esposti.
Uno dei compiti fondamentali di una psicoterapia è quello di rendere i pazienti in grado di automonitorarsi e di diventare consapevoli di loro stessi (Sassaroli, Ruggiero, et al., 2003). Una delle caratteristiche dei disturbi psicologici è quella di imprigionare i pazienti in modi di essere rigidi ed abitudinari, il solo fatto di riconoscere questi aspetti, queste modalità, è un primo passo verso il cambiamento, ecco perché il monitoraggio dei propri pensieri, dei propri comportamenti e dei loro legami con l’ambiente interno ed esterno ha un ruolo cruciale nella psicoterapia cognitivo comportamentale.
Sono diversi i metodi di cui un terapeuta dispone al fine di aiutare il paziente a soffermarsi e a monitorare i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue sensazioni e a leggere come questi aspetti interagiscano tra di loro e con l’ambiente, come ne siano influenzati e come lo influenzino. È possibile chiedere al paziente di ricordare un episodio stressante in cui sia comparso il rimuginio e di riimmaginarlo nel modo più vivido possibile per poter cogliere tutti i dettagli di ciò che è accaduto; il terapeuta aiuta poi il paziente ad individuare le modificazioni emotive che subisce e a spiegarle mettendole in relazione con eventi interni o esterni che sta rivivendo. Un punto cruciale di questo metodo consiste nel far sì che il paziente si renda conto che tutto ciò che sta provando è una risposta a fatti accaduti nel passato o a fatti che presume accadranno nel futuro e non a fatti reali in svolgimento nel presente. Questa chiarificazione è importante perché consente alla persona di soffermarsi e ricollocarsi nel qui ed ora differenziandolo dalle esperienze che nel rimuginio vive solo a livello mentale. Una certa dimestichezza con i compiti di automonitoraggio consentirà al paziente di individuare sempre più precocemente l’inizio del rimuginio e ciò gli permetterà di rispondere più velocemente mettendo in atto nuove strategie di fronteggiamento.
Man mano che la terapia procede i pazienti diventeranno sempre più abili nell’individuare le informazioni relative al momento presente e si cercherà di abituarli ad identificare le informazioni positive e, contrariamente a ciò che sarebbero portati a fare, non quelle negative.
La terapia cognitiva ha a disposizione diverse strategie e tecniche per gestire i pensieri negativi, è infatti possibile chiedere alla persona di ricercare le prove, a favore e contro, di ciò che pensa. Ancora, è opportuno valutare insieme, in seduta, l’accuratezza dei pensieri e delle credenze facendo un vero e proprio esame di realtà; spesso, infatti, i pazienti immaginano eventi futuri catastrofici sui quali, però, non si soffermano in modo accurato. La tecnica della decatastrofizzazione (che si pone l’obiettivo di dimostrare che la situazione temuta non è catastrofica come si pensa e che le strategie di fronteggiamento sono applicabili) è molto utile per contrastare e ridimensionare questa attitudine in quanto permette di valutare gli eventi in modo più realistico e quindi di immaginare esiti più probabili che possano contare su strategie di coping più specifiche e quindi più efficaci.
Una volta individuati gli aspetti disfunzionali delle aspettative e delle credenze è utile creare insieme un modo diverso di interpretare le esperienze cercando di favorire questa nuova visione delle cose. Il terapeuta in questa situazione deve sollecitare la scoperta attiva del paziente e quindi, utilizzando il metodo socratico, lo solleciterà ad essere propositivo e autore delle nuove scoperte.
Questa attività, lontana dall’abitudinarietà e dal pensiero rigido, presuppone che il paziente disponga di un pensiero flessibile che gli consenta di vedere le cose da più angolature, con più sfaccettature, sfumature e alternative. Per realizzare questo obiettivo paziente e terapeuta si allenano, in seduta, a produrre punti di vista differenti, prima su cose o eventi molto semplici, poi su fatti più complessi. Ciò ha lo scopo di dimostrare come sia possibile interpretare la realtà guardandola da più e diversi punti di vista e quindi dandole significati differenti ma sempre validi. L’applicazione di questa prospettiva nella pratica clinica si vede indispensabile per costruire alternative a pensieri e credenze disfunzionali.
Tra le credenze disfunzionali quelle sugli aspetti positivi del rimuginio rivestono un ruolo centrale. Come sostiene Borkovec (Borkovec et al., 2004) ogni credenza positiva è mantenuta in vita da un rinforzo negativo, ad esempio dal fatto che l’evento temuto non si è manifestato. Ciò è un potente fattore di mantenimento del rimuginio e, in quanto tale, deve essere eliminato. Per poter eliminare o ridurre il rinforzo e la motivazione a rimuginre il terapeuta deve individuare le credenze disfunzionali e metterle in luce agli occhi del paziente. Sarà utile suddividerle in categorie distinte (Sassaroli, Ruggiero et al, 2006):
– “Prevenzione della catastrofe”
– “Preparazione”
– “Superstizione”
– “Motivazione”
– “Problem solving”
– “Distrazione da argomenti emotivamente più attivanti”
Una volta individuate le credenze disfunzionali si passerà alla loro messa in discussione e modificazione.
Le prime tre credenze possono essere modificate utilizzando il Worry Outcome Diary, una tecnica che consiste nel chiedere al paziente di individuare e registrare ogni rimuginio che sperimenta nella giornata e quale tipo di conseguenza tema. Una volta fatto ciò il soggetto è chiamato, la sera, a passare in rassegna tutti gli avvenimenti della giornata e le conseguenze intervenute a seguito dei rimuginii valutando se queste siano peggiori, uguali o migliori di ciò che avevano previsto. Questa tecnica ha l’obiettivo di mostrare al paziente la frequenza reale con cui fatti negativi si presentano e di come sia possibile farvi fronte con adeguate strategie di coping. Una registrazione prolungata nel tempo fornisce una prova di ciò che è reale, e cioè della frequenza di accadimento di fatti negativi, in contrasto a ciò che i pazienti immaginano e ipotizzano possa accadere.
Un metodo interessante messo a punto da Barlow e Hersen (1984) si propone di verificare se il rimuginio abbia davvero un’utilità come i pazienti credono. La consegna richiede al soggetto di eseguire un compito rimuginando e, in un secondo momento, di eseguire lo stesso compito senza rimuginare. Ciò che si vuole sottolineare è come vadano veramente le cose e cioè se ci si trovi in presenza di prestazioni migliori quando queste vengano eseguite rimuginando oppure no. Attenzione viene posta anche allo stato d’animo presente nel momento, la maggior parte dei soggetti ha dichiarato di provare maggiore ansia nell’esecuzione di quei compiti che svolgevano rimuginando e viceversa.
Un altro metodo di cui i terapeuti dispongono per invalidare le credenze positive sul rimuginio consiste nel dimostrare che rimuginio e problem solving sono due processi molto diversi che producono risultati molto diversi, o ancora che esistono eventi futuri su cui è ragionevole aspettarsi di poter esercitare un certo grado di controllo e altri su cui, al contrario, non sarà possibile farlo.
Una volta che i pazienti abbiano preso consapevolezza di questi aspetti si potrà chieder loro di individuare i costi e i benefici derivanti dal rimuginare, la risposta attesa è quella di una nuova consapevolezza dei limiti, dello stress e del disagio a cui si va in contro qualora non si dovesse interrompere il rimuginio.
Il modello di terapia proposto da Lorenzini, Sassaroli e Ruggiero propone un passo ulteriore rispetto alle fasi della psicoterapia cognitiva classica, dopo aver realizzato l’obiettivo di modificare le credenze disfunzionali e di averle sostituite con altre più funzionali e realistiche ci si pone di raggiungere l’obiettivo di osservare e valutare gli eventi liberi da aspettative, senza preconcetti ed ipotesi su come stanno ed andranno le cose. Ovviamente questa meta è piuttosto ambiziosa e difficile da raggiungere, in modo particolare per i pazienti che hanno fatto del rimuginio una forma di controllo che consenta loro di essere pronti quando si troveranno ad affrontare minacce future, e quindi la loro forma di rassicurazione. Ciò che si può fare è stimolare e sollecitare le persone a liberarsi dalle aspettative ogni qualvolta si trovino ad affrontare situazioni nuove al fine di poterle comprendere e valutare per ciò che sono senza il condizionamento di preconcetti. Questo passaggio è di grande importanza poiché è ormai assodato che le aspettative sul mondo influenzano il nostro modo di vedere ed interpretare le cose ed in particolare orientano la valutazione nella direzione della conferma di ciò che ci aspettiamo e reputiamo essere vero.
Si è detto che il rimuginio rappresenta una forma di evitamento, la terapia non potrà quindi prescindere da tecniche di esposizione, che tengano conto dei diversi livelli di funzionamento: cognitivo, affettivo e comportamentale, questo anche in virtù del fatto che la paura per le emozioni e per gli aspetti interpersonali possono essere considerati paure centrali per i soggetti ansiosi che rimuginano.
Un’altra tecnica rivelatasi efficace per contrastare il rimuginio è il rilassamento, stato antagonista ed incompatibile con l’ansia.
Durante le sedute ai pz vengono insegnate la respirazione diaframmatica e le varie fasi del rilassamento muscolare progressivo. Queste tecniche dovranno essere messe in pratica anche a casa almeno due volte al giorno e ogniqualvolta si avverta l’innescarsi della spirale ansiosa o del rimuginio. Una messa in pratica costante di queste strategie consente di apprendere uno stile di vita più rilassato e permette ai pazienti di vivere momenti piacevoli.