Trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress
Scopi del trattamento del DPTS
Andrews e coll. (2003) rilevano come il trattamento del DPTS dovrebbe idealmente servire a eliminare tutti i sintomi del disturbo e a far tornare la persona al livello di funzionamento pretrauma. Ma, continuano gli autori, questo in realtà non è sempre possibile: l’efficacia del trattamento può essere influenzata da fattori quali la gravità del disturbo, la cronicità e la comorbilità (soprattutto in Asse II). Per cui, nei casi acuti di DPTS, ci si può porre obiettivi come l’eliminazione dei sintomi, il ritorno al precedente livello di funzionamento e un basso rischio di ricaduta; invece nei casi cronici di DPTS gli obiettivi possono consistere nell’aiutare la persona a gestire meglio i sintomi e ridurre il loro impatto sulla qualità della vita, sulle relazioni e sul funzionamento generale.
Come riportato da Lo Iacono (2005), i principali scopi del trattamento delle sindromi di stress sono:
· stabilire un senso di sicurezza
· migliorare le abilità decisionali e di fronteggiamento adattivo
· stabilire un’idea realistica di sé, come persona stabile, coerente, competente e degna
· migliorare la competenza per le funzioni sociali, familiari, personali
· migliorare la preparazione razionale e la resilienza agli stressor futuri.
Il National Center for Post-Traumatic Stress Disorder (NCPTSD 2006) ha individuato le componenti comuni nei trattamenti per il DPTS, sebbene sottolinei che la terapia deve iniziare con un assessment accurato e la conseguente formulazione di un piano di trattamento specifico per i bisogni del singolo paziente. In genere il trattamento specifico per il DPTS inizia quando la persona non è più esposta alla fonte di sofferenza o in seguito al trattamento di altre condizioni urgenti, quali grave depressione, idee di suicidio, crisi di panico, disorganizzazione del pensiero, abuso di sostanze, ecc. Le componenti comuni ai vari trattamenti sono:
1. Informazione: nella prima fase del trattamento il paziente e i suoi familiari devono essere informati su come si sviluppa il DPTS, sulle sue ripercussioni sulla persona che ne soffre e sulle persone vicine, e sulle caratteristiche degli altri problemi compresenti. Il paziente deve comprendere che il DPTS è un disturbo d’ansia riconosciuto che compare quando la persona si trova in condizioni molto stressanti.
2. Esposizione: il paziente viene sollecitato a ripercorrere mentalmente l’episodio. Questo permette di riviverlo in un ambiente sicuro o controllato, e di esaminare le reazioni e le convinzioni relative all’evento.
3. Elaborazione emozionale: il paziente viene sollecitato ad analizzare e risolvere i suoi sentimenti di rabbia, vergogna o colpa.
4. Abilità di fronteggiamento: il paziente impara a fronteggiare meglio i ricordi, le reazioni e i sentimenti post-traumatici così da non lasciarsi sconvolgere da tutto ciò o da evitare l’appiattimento affettivo. In genere, con la psicoterapia i ricordi traumatici non spariscono, ma diventano più gestibili grazie all’utilizzo di nuove abilità di fronteggiamento (Lo Iacono 2005).
Il trattamento del DPTS: linee guida
Negli ultimi anni si è verificato un notevole sviluppo di interventi per il trattamento del DPTS. Diverse ricerche hanno dimostrato l’efficacia di tre approcci in particolare:
1. Terapia di Esposizione
2. Terapia Cognitiva
3. Stress Inoculation Training.
Le Linee Guida per la gestione dello stress post-traumatico nella pratica clinica pubblicate nel 2004 dal Dipartimento degli Affari dei Veterani e dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, sulla base della valutazione della riduzione della gravità dei sintomi e del miglioramento del funzionamento globale del paziente, confermano l’efficacia dei trattamenti psicoterapeutici sopra indicati e del Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), sebbene riguardo a quest’ultimo vi siano dati discordanti. Le linee guida forniscono anche le seguenti ulteriori indicazioni (come riportato da Lo Iacono 2005):
§ la combinazione di diversi metodi terapeutici cognitivo-comportamentali (es., terapia di esposizione e ristrutturazione cognitiva) pur essendo efficace non si è dimostrata superiore alle componenti singole;
§ può essere utile integrare le terapie specialistiche per il DPTS con metodi mirati su problemi specifici o con farmacoterapia;
§ le tecniche psicoterapeutiche specifiche possono non essere ugualmente efficaci con tutti i pazienti. Nella scelta di una specifica modalità terapeutica, bisogna prendere in considerazione certe caratteristiche del paziente, come il sesso, il tipo di trauma e la storia passata, nonché orientarsi sui metodi di efficacia provata;
§ la scelta degli interventi individuali si dovrebbe basare su: le preferenze del paziente; il livello di abilità e familiarità del clinico con una data modalità; il tentativo di aumentare al massimo i benefici e ridurre al minimo i rischi per il paziente; una valutazione di fattibilità e disponibilità di risorse.
Relativamente all’intervento psicoeducativo esistono pochi studi sulla sua efficacia nel trattamento del DPTS, tuttavia è considerato importante, per esempio, sul piano preventivo in persone che hanno subito traumi ma che non soddisfano tutti i criteri per la diagnosi di DPTS. In generale, come sottolineato da Young et al. (2002) è comunque importante fornire al paziente e ai suoi familiari informazioni sui sintomi di stress post-traumatico, inquadrandoli come normali risposte di stress con una funzione adattiva specifica, e sui vari trattamenti disponibili. Spiegare la risposta di attacco-fuga-congelamento, sottolineando il suo valore per la sopravvivenza: “reagire” può significare darsi da fare per prevenire ulteriori danni; “fuggire” può significare trovare un posto sicuro per superare il pericolo; “restare immobili” può servire a guadagnare tempo per valutare la situazione e pianificare una risposta intelligente (Lo Iacono 2005). Spiegare che il senso di impotenza e i pensieri relativi sono normali e realistici durante il trauma, ma che se la persona non trova modi costruttivi per riacquistare un senso di controllo positivo nella vita, l’impotenza può diventare depressione oppure uno stile di comportamento basato sull’ipercontrollo con conseguenze negative sulle relazioni interpersonali (Lo Iacono 2005). Spiegare che lo stress, l’impotenza, lo shock per il trauma possono portare a reazioni di dolore, colpa, confusione, irritabilità, problemi di sonno e sentimenti di disorientamento”, e che per gestirle il modo migliore è “affrontarle con un atteggiamento costruttivo, per esempio con un intervento medico o psicologico/ psicoterapeutico (Lo Iacono 2005).
Il trattamento psicofarmacologico prevede l’impiego di tutte le famiglie di psicofarmaci. Gli antidepressivi incidono significativamente sul nucleo sintomatologico del DPTS e sulle condizioni di depressione, insonnia e ansia associate, sebbene l’ampiezza delle risposte sia inferiore a quella riscontrata nei pazienti affetti da depressione o disturbo di panico. In particolare gli SSRI hanno dimostrato di agire prevalentemente sul core della sintomatologia del DPTS con un’efficacia ed un grado di tollerabilità superiore rispetto ad altri antidepressivi. Gli studi sulle benzodiazepine hanno prodotto risultati eterogenei, per esempio: l’alprazolam non ha un effetto specifico sui sintomi del DPTS, mentre il clonazepam determina un miglioramento del sonno e una riduzione di incubi, flashback e attacchi di panico. Inoltre, sono stati descritti gravi sintomi da sospensione in pazienti affetti da DPTS trattati con alprazolam. Studi in corso con stabilizzatori del tono dell’umore, come litio, valproato di sodio e carbamazepina, rilevano una riduzione dell’irritabilità, un miglioramento del controllo degli impulsi e dei sintomi del re-experiencing. Tuttavia, questi dati devono essere confermati con ulteriori studi controllati. Il sollievo dai sintomi offerto dai farmaci può rendere più facile l’adesione del paziente a un trattamento psicoterapeutico, mentre di rado la sola farmacoterapia è sufficiente a stimolare una remissione completa del DPTS. Il trattamento farmacologico viene quindi spesso combinato alla psicoterapia nel trattamento efficace del disturbo (Shalev 2001; Adshead 2000; Connor e Butterfield 2003).