Introduzione: i disturbi del comportamento alimentare
Con il termine Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) si fa riferimento ad un disagio caratterizzato da un alterato rapporto con il cibo e con il proprio corpo, che si esprime attraverso una preoccupazione eccessiva rispetto al peso e alla forma corporea, con una paura intensa di aumentare di peso o di ingrassare. Nel loro insieme i disturbi del comportamento alimentare rappresentano un problema grave e diffuso: secondo i dati riportati dal DSM IV-TR (2000), la prevalenza della bulimia è di circa l’1-3%, mentre quella dell’anoressia è pari allo 0.5%. I risultati degli studi epidemiologici, inoltre, indicano che i disturbi del comportamento alimentare si manifestano tipicamente nelle giovani donne, con un’età di esordio che sembra presentare una distribuzione bimodale , con primo un picco intorno ai 14 anni e un secondo picco intorno ai 18. Non mancano, comunque, indicazioni circa una maggiore diffusione, rispetto al passato, dei disturbi alimentari in soggetti di sesso maschile.
Indagini recenti sembrano individuare nel nostro Paese un incremento dell’incidenza e della prevalenza della bulimia nervosa, dell’anoressia nervosa e del disturbo da alimentazione incontrollata. Secondo la letteratura, inoltre, nei Paesi in via di sviluppo i rapidi cambiamenti sociali e i processi di acculturazione stanno favorendo un avvicinamento a valori e ideali tipici delle culture occidentali. Ad esempio, tra le giovani donne africane sembra sempre più diffusa la tendenza a seguire diete o avere un’alimentazione sregolata, sebbene alcuni autori abbiano individuato un rischio significativo di aumento dei casi di bulimia ma non di anoressia nervosa.
Recentemente, è stata messa in luce l’ampia diffusione delle forme NAS dei disturbi dell’alimentazione, che sembrano inoltre essere più diffuse rispetto alle forme franche.
Secondo il DSM-IV, i disturbi del comportamento alimentare sono classificabili in tre categorie: Anoressia Nervosa (AN), Bulimia Nervosa (BN), Disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato (NAS), di cui fa parte il Disturbo da alimentazione incontrollata (DAI).
I criteri essenziali per porre diagnosi di AN sono il basso peso con una riduzione del 15% rispetto al peso normale, amenorrea per almeno tre cicli mestruali consecutivi, paura intensa di ingrassare pur essendo sottopeso, nonchè alterazioni del modo in cui la persona vive il peso e la forma del corpo. All’interno del disturbo sono stati individuati due sottotipi: il sottotipo restrittivo, che non prevede l’uso di meccanismi di compenso, ed il sottotipo con abbuffate e condotte di eliminazione.
La diagnosi di BN è relativa alla presenza di episodi di abbuffate, che si verifichino almeno due volte alla settimana da almeno tre mesi, accompagnati da comportamenti di compenso tesi a contrastare l’eventuale aumento di peso, quali il vomito autoindotto, l’utilizzo di lassativi e diuretici, l’intensa attività fisica, ed una valutazione di sé indebitamente influenzata dalle forme e dal peso del corpo. Gli episodi ricorrenti di abbuffate presentano due caratteristiche specifiche. Il primo aspetto è relativo alla quantità di cibo ingerito, che risulta essere indiscutibilmente superiore a quella che la maggior parte della persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo in circostanze simili. In secondo luogo, deve essere presente un senso di mancanza di controllo sull’atto del mangiare, inteso come la percezione di non poter smettere di mangiare o di non poter controllare cosa o quanto si sta mangiando.
Nei casi in cui i sintomi presentati non soddisfino a pieno i criteri di nessuno dei due disturbi di cui sopra, è possibile porre diagnosi di Disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato. Ad esempio, nel caso in cui le abbuffate non si accompagnino a comportamenti di compenso, si può fare diagnosi di Disturbo da alimentazione incontrollata.
I disturbi dell’alimentazione appaiono fortemente connessi ai valori e ai conflitti della cultura occidentale, legati spesso alla costruzione dell’identità femminile, al ruolo familiare e sociale della donna. E’ importante sottolineare come il mito occidentale della magrezza femminile non rappresenti la causa prima del disturbo. La funzione di tale magrezza piuttosto è quella di indicare il mezzo attraverso cui esprimere il proprio disagio.
I fattori che possono concorrere allo scompenso del disturbo sono frequentemente rappresentati da separazioni o perdite di persone significative, alterazioni dell’omeostasi familiare, esperienze sessuali, minacce alla stima di sé, nuove richieste ambientali. Un evento che infatti spesso ritroviamo alla base dello scompenso è l’esperienza dei cambiamenti puberali tipici dell’età adolescenziale, che possono essere vissuti come una minaccia al controllo di sé e della propria vita. Gli adolescenti sono i più vulnerabili e i più colpiti: l’adolescenza è un periodo estremamente delicato di passaggio fra la dipendenza dell’infanzia e l’autonomia della fase adulta. Il disturbo alimentare può nascere dall’incapacità di far fronte a questi cambiamenti, dalla paura della maturità e di tutte le richieste e responsabilità che essa comporta. In un certo senso la malattia rappresenta un mezzo, un modo per restare o ritornare bambini, in una situazione “protetta” sia sul piano fisico che su quello affettivo, cognitivo e sociale. Un elemento in grado di giustificare le differenze di genere nello sviluppo del disturbo riguarda la constatazione che la pubertà femminile è solitamente più complessa di quella maschile, in quanto comporta un rapido aumento di peso, trasformazioni dell’immagine corporea evidenti, menarca, rischio di gravidanza. Il nucleo del vissuto è la paura di perdere il controllo e la stima di sé, a cui spesso segue una reazione caratterizzata da concentrazione sul corpo, sul peso e sulla dieta come campo privilegiato in cui recuperare un senso di dominio su di sé e di valore personale.
Spesso una dieta squilibrata e troppo rigida rappresenta un fattore scatenante dei DCA. Il calo repentino di peso che ne può derivare determina spesso sentimenti di euforia e di entusiasmo per l’obiettivo raggiunto; successivamente, all’euforia può seguire l’idea di poter controllare lo stimolo della fame e di poter vivere senza il cibo, di non avere bisogno di ciò di cui tutti necessitano, ci si percepisce superiori ed efficaci.
Tra i fattori di tipo psicologico sembra rilevante l’idealizzazione della magrezza, peraltro rinforzata dai messaggi veicolati quotidianamente dai mass-media. Viene costruita un’immagine di sé strettamente legata a tratti fisici in quanto la magrezza diventa l’unico indicatore di valore e di bellezza. Tutto ruota intorno al corpo come fonte di autonomia, di controllo e di sicurezza. Le donne, in particolare le ragazze più giovani, sono più vulnerabili degli uomini a questo aspetto per motivi legati all’educazione e al contesto socioculturale: sono molto sensibili al giudizio degli altri e il valore personale è maggiormente legato all’immagine esteriore. Per le ragazze il corpo è un potente mezzo di comunicazione e di relazione, essere magre può diventare il requisito indispensabile per essere e sentirsi accettate.
Generalmente sono presenti tratti di personalità caratterizzati da perfezionismo. Si tratta di ragazze ambiziose, con ottimi risultati a scuola e nelle attività che intraprendono, che mostrano un impegno e una tenacia spesso considerati prova di grande maturità e responsabilità. Quasi sempre questo atteggiamento di dedizione e sacrificio nasconde una bassa autostima e una profonda insicurezza personale, che esprime il timore di non essere accettati dagli altri per quello che si è. La persona ritiene di poter essere accettata solo a condizione di dare il massimo di sè e senza la minima smagliatura. Nelle persone che si ammalano di un DCA, questi tratti vengono spinti all’esasperazione, viene eliminato qualsiasi impegno che non abbia a che fare con lo studio o l’attività su cui si è investito, la paura di deludere e di fallire è grande. Il giudizio altrui viene considerato l’unico criterio per stimare il proprio valore. Spesso, nella personalità premorbosa di molte di queste ragazze si ritrovano tratti di ossessività, di ansia e di depressione.
La presenza di sovrappeso in una adolescente con le caratteristiche psicologiche sopracitate, facilmente potrà polarizzare la sua attenzione sull’esigenza di condurre una dieta, di mettere ordine nel proprio comportamento alimentare per raggiungere l’aspetto fisico desiderato.
Il ruolo della famiglia nell’insorgenza dei DCA è stato spesso oggetto di discussioni. Le varie teorie che si sono occupate di questo aspetto hanno fatto riferimento ad un rapporto disturbato tra madre e figlia o ad una particolare configurazione della dinamica familiare, che presenterebbe una madre dominante, iperprotettiva ed intrusiva, al fianco di un padre assente. In realtà, è impossibile discernere se un particolare clima familiare sia causa piuttosto che conseguenza del disturbo. E’ facile immaginare, infatti, che di fronte ad una figlia che deperisce giorno per giorno accada che un genitore diventi iperprotettivo e che questo provochi un grande aumento della tensione familiare.
L’anoressia nervosa e la bulimia sono diffuse principalmente nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo in proporzione al livello di assimilazione della cultura occidentale: questo fa pensare che i disturbi del comportamento alimentare abbiano una determinante socioculturale. L’ideale della magrezza è esaltato da tutti i mezzi di comunicazione: l’aumento dei casi di anoressia e bulimia negli ultimi anni va di pari passo con la diffusione di articoli relativi alle diete e di prodotti per dimagrire. L’immagine attuale di donna di successo non è legata tanto al possesso di particolari capacità, quanto piuttosto a modelli irreali di donne attraenti e, soprattutto, molto magre, come quelle che appaiono sulle copertine delle riviste. E’ facile intuire quanto potere questi modelli culturali possano avere su persone particolarmente vulnerabili alle influenze esterne, come ad esempio gli adolescenti o alcuni soggetti con tendenza al perfezionismo e con bassa autostima. E’ indubbio che per molte ragazze alla ricerca della propria identità la capacità di controllo sul proprio corpo e la possibilità di attrarre l’attenzione su di sé possano rappresentare in una prima fase un elemento di fascino.