Caratteristiche del comportamento passivo, aggressivo e assertivo

L’obiettivo generale di uno stile di relazione assertivo è quello di creare rapporti interpersonali positivi e chiari; significa avere contatti basati sulla fiducia reciproca e sulla collaborazione e nello stesso tempo saper affrontare con serenità ed efficacia anche le situazione problematiche.

Assertivo non vuol dire, infatti:

§  apparire sinceri ed aperti per meglio approfittare degli altri

§  mettere l’interlocutore nella condizione di dovere per forza aderire alla nostra idea, proposta

§  voler vincere in ogni situazione ed ottenere sempre incondizionatamente ciò che si vuole

§  studiare attentamente le idee, bisogni e debolezze degli altri per poterle dominare

§  emulare stereotipi del tipo “l’uomo che non deve chiedere mai” o adottare uno stile del tipo “lei non sa chi sono io”! O al contrario diventare i buoni samaritani “porgere sempre e comunque l’altra guancia”, rinunciando alla difesa dei propri diritti nel nome della “buona educazione”.

La persona assertiva partecipa alla relazione con un atteggiamento costruttivo e responsabile tenendo conto di se stessa e dell’altro, esprimendo liberamente il proprio pensiero e le proprie emozioni senza particolare ansia o timore, è priva di giudizio e pregiudizi, utilizza una modalità di comunicazione chiara e diretta. Appare evidente, data la presenza di comportamenti passivi e aggressivi, che assumere questi stili comporta dei vantaggi; nessuna condotta, infatti, si mantiene se non ha conseguenze positive (rinforzo positivo) per la persona o se non evita un evento avversivo (rinforzo negativo). Le persone non sono mai sempre e solo aggressive, passive o assertive. Lo stile di relazione deve essere valutato avendo come riferimento: la situazione specifica, lo stato psico-fisiologico della persona in quel determinato momento, il ambiente socio-culturale di riferimento.

Possibili cause del comportamento anassertivo sono (Lange e Jakubowski 1976):

1.    assertività percepita come stile aggressivo non adeguato alla propria persona

2.    insicurezza vissuta come “buona educazione” e “gentilezza”

3.    difficoltà nell’accettare di avere diritti personali

4.    paura che un comportamento assertivo possa causare conseguenze negative

5.    deficit comportamentale come conseguenza di un mancato modello positivo nella propria storia e/o nella situazione di vita attuale.     

Comportamento passivo

Il comportamento passivo è tipico della persona che subisce gli altri, è incapace di esprimere le proprie opinioni o sentimenti, fa fatica a prendere decisioni, ritiene gli altri migliori di se stessa (“io non sono ok, tu sei ok”), teme e dipende dal giudizio altrui, è incapace di rifiutare le richieste, tende a sottomettersi al volere dell’altro.

L’obiettivo generale è evitare un possibile conflitto e/o far piacere all’interlocutore accondiscendendo a delle sue richiesta esplicite o anche implicite.

Un atteggiamento e un comportamento passivo consentono a breve termine di:

§   diminuire l’ansia che potrebbe emergere esprimendo le proprie idee ma temendo al tempo stesso di perdere la stima, l’affetto dell’altro. Senso di sollievo per essere riusciti ad evitare un conflitto/o una situazione vissuta come difficile;

§   di neutralizzare il senso di colpa che talvolta si associa all’esprimere un’opinione od uno stato emotivo diversi o potenzialmente diversi dall’interlocutore;

§   ottenere un “rinforzo sociale”, poiché la persona passiva appare come disponibile e rispettosa dell’altro. Allo stesso tempo è autorinforzante, poiché si può avere la sensazione di essere venuti incontro o di aver fatto un piacere a qualcuno..

Un atteggiamento e un comportamento passivo determinano a lungo termine

per chi li mette in atto:

§   squalifica di se stessi come persona, genitore, professionista, partner, amico, per non vedere mai realizzati i propri desideri e poco considerate le proprie opinioni;

§   calo dell’autostima e dell’autoefficacia;

§   elevato senso di frustrazione e rabbia davanti a desideri ed obiettivi non realizzati;

§   rischio di esplosioni di rabbia;

§   sentimenti di impotenza che porta a crearsi un’immagine negativa di se stessi con la tendenza ad isolarsi, e talvolta ad avere la sensazione che l’altro ne approfitti;

§   probabilità di  insorgenza di patologie fisiche e/o di origine psicosomatica (cefalea, mal di stomaco, gastriti, ecc.).

per l’interlocutore:

§   difficoltà nel mantenere la relazione con una persona che non esplicita le proprie opinioni, le proprie idee;

§   sensazione di prevaricare l’altro sentendosi in colpa;

§   interruzione della relazione per paura di esplosioni di rabbia e aggressività.

Comportamento aggressivo

Il comportamento aggressivo è tipico della persona che tiene conto esclusivamente di se stesso e della propria gratificazione, calpesta i diritti altrui, ritiene di essere sempre nel giusto, attribuisce agli altri la responsabilità dei propri errori , svaluta l’altro (“io sono ok, tu non sei ok”), è rigido, inflessibile rispetto alle sue posizioni, o meglio, non distingue le opinioni dalla realtà oggettiva e tenderà a dare per assolute e giuste solamente le proprie.L’obiettivo generale  è  “averla vinta a tutti i costi!!”.

Un atteggiamento e un comportamento aggressivo consentono a breve termine di:

§   ridurre l’ansia se ha il timore di non riuscire ad attenere quello che vuole dando agli altri l’immagine di sé come di persona sicura e forte,

§   avere la sensazione di “potere”, di avere la situazione e l’interlocutore sotto controllo,

§   avvertire il rinforzo sociale, ossia di venire apprezzato perché appare come persona capace di ottenere ciò che vuole.

Un atteggiamento e un comportamento aggressivo determinano a lungo termine

per chi li mette in atto:

§   l’assunzione di un atteggiamento costantemente improntato alla difesa e all’attacco che talvolta porterà a doversi scusare eccessivamente provando senso di colpa e di vergogna nei confronti di chi ne è stato la “vittima”;

§   senso di stanchezza e di spossatezza perché aggredire sostenendo posizioni anche difficili da portare avanti dovendo prevedere le mosse dell’altro, costa fatica;

§   progressivo isolamento sociale;

§   stress costante dovuto alla sensazione di essere sempre in pericolo o comunque di non essere accettato;

§  insorgenza di patologie fisiche e/o di origine psicosomatica (emicranie, ulcere, gastriti, abuso di sostanze tranquillanti, insonnia)

per l’interlocutore:

§   esitamento di una persona che assume un comportamento imprevedibile;

§   sensazione di non essere accettato, considerato;

§   uso manipolativo della persona in situazione dove l’aggressività può risultare vantaggiosa;

interruzione della relazione ad alta intensità di stress.

 

 

COMPORTAMENTO AGGRESSIVO

 

A. SOGG. AGGRESSIVO                                          P. SOGG. PASSIVO

               
   
   
       
 
 
 
 

 

 

 

                                                                                     FUGA

CEDE ALLA RICHIESTA AGGRESSIVA DI A.

 

                                     

                                          INCREMENTA                                                                     RIDUCE

                                         

                                          RINFORZO POSITIVO                                        RINFORZO NEGATIVO

Figura 2. Esempio di dinamica della relazione sociale tra un soggetto passivo ed uno aggressivo:

 

Comportamento assertivo

Il comportamento assertivo è tipico della persona che rispetta i diritti propri e quelli altrui, non permette agli altri di essere aggressivi, non li subisce, non esige che gli altri modifichino le loro opinioni, non giudica gli altri, decide per se stessa e non si assume responsabilità che non le competono, ha stima di sé  e dell’altro (“io sono ok, tu sei ok), sa esprimere le proprie opinioni e le proprie emozioni in modo funzionale, raggiunge i suoi obiettivi, sa che cosa vuole e lo persegue senza calpestare gli altri.

L’obiettivo generale è soddisfare i bisogni e rispettare gli stati d’animo e i diritti di entrambe le parti; valorizzare i contributi di tutti.

Un atteggiamento e un comportamento assertivo determinano a breve termine:

§   la necessità di essere chiari nell’esprimere i propri bisogni, desideri, pensieri;

§   il bisogno di stare bene con se stessi rispettando le proprie caratteristiche intrinseche;

§   il desiderio di “rischiare”, esprimendo se stessi;

§   la necessità di fidarsi degli altri e della loro capacità di avere un ruolo costruttivo nella relazione;

§   la disponibilità a riconoscere all’altro i propri diritti e il perseguimento dei propri obiettivi;

§   la disponibilità a gestire in modo produttivo le eventuali divergenze, ricercando accordi e soluzioni condivise;

§   la disponibilità di modificare una modalità automatica di interazione che per quanto dannosa risulta essere “meno faticosa” nell’immediato.

Un atteggiamento e un comportamento assertivo consentono  a lungo termine di:

§   essere coerenti con se stessi;

§    aumentare il senso di autoefficacia per avere raggiunto gli obiettivi desiderati;

§   ottenere soddisfazione per aver saputo esprimere un proprio stato d’animo, pensiero;

§   intraprendere rapporti sociali qualitativamente migliori;

§   sperimentare che comportamenti assertivi incrementino assertività nell’altro;

§   rispettare la propria salute;

§   accettare che, una volta provato a raggiungere un obiettivo, possano esserci validi motivi per non ottenerlo.

Essere assertivi non è sicuramente un compito facile; si tratta, specialmente se abbiamo delle modalità passive o aggressive, di imparare qualcosa di “nuovo” e pertanto, almeno all’inizio, questo necessita di uno sforzo e buona volontà. Decidere di rispettare se stessi ed imparare ad esprimere ciò che sentiamo e vogliamo veramente può portare un cambiamento ed a volte alla chiusura di alcune relazioni. Ad esempio se alcune nostre relazioni hanno puntato sulla nostra passività è possibile che soffriranno del nostro nuovo modo di interagire. Assumere un atteggiamento assertivo comporta quindi dei costi iniziali ma in futuro porta a benefici poiché vivremo più in sintonia con quello che siamo, non saremo preoccupati di portare maschere protettive né di mettere gli artigli per mostrare il nostro valore.

Il cammino verso l’assertività parte dallo sviluppo della capacità di capire quali siano i propri e gli altrui diritti per arrivare ad affinare la capacità di difenderli e sostenerli anche e soprattutto in circostanze in cui ciò non è facilissimo.

Incominciamo con il ricordare un passo dei Promessi Sposi in cui Manzoni parla del momento in cui la povera Gertrude sta per prendere i voti, costretta dal padre a farsi suora.Nel momento decisivo della scelta, Gertrude si trova a dover dire un no imbarazzante e difficile da spiegare oppure un sì non voluto ma in grado di risolvere rapidamente il dramma del dover decidere.“Disse sì, e fu monaca per sempre

In questo passo la letteratura si pone al servizio della psicologia, perché in sostanza ci parla del coraggio, nella sua forma più difficile: quello che si richiede nei rapporti familiari.

Se è vero che esistono persone che sembrano vivere sull’onda dei propri diritti, esiste una maggioranza silenziosa che vive sull’onda dei propri doveri.

Proviamo a fare una lista dei nostri doveri ed una lista dei nostri diritti e ci renderemo subito conto di quanto il motto “prima il dovere e dopo il piacere” non sia poi lontano dal nostro modo di vivere.

 

Pergamena 1: 1.	Mi permetto di avere delle idee, delle opinioni, dei punti di vista personali e non necessariamente coincidenti con quelli altrui.  2.	Permetto che le mie idee, opinioni e punti di vista siano quanto meno ascoltati e presi in considerazione (non necessariamente condivisi) dalle altre presone.  3.	Mi permetto di richiedere (non di pretendere però!!) che le altre persone soddisfino i propri bisogni e necessità.  4.	Mi permetto di dire “NO” a delle richieste senza per questo sentirmi in colpa ed egoista.  5.	Mi permetto di avere bisogni e necessità anche diverse da quelle delle altre persone.  6.	Mi permetto di provare determinati stati d’animo e  manifestarli in modo assertivo se decido di farlo.  7.	Mi permetto di essere umano nel senso di concedermi la “licenza” di commettere errori.  8.	Mi permetto di mutare parere o opinione e di cambiare il modo di pensare.  9.	Mi permetto di essere realmente me stesso anche se questo significa a volte contravvenire a delle aspettative esterne.  10.	Mi permetto di dire: “non capisco”.  11.	Mi permetto di dire: “non mi interessa” quando gli altri mi coinvolgono nelle loro iniziative.  12.	Mi permetto di valutare e decidere se si ho la responsabilità di trovare una soluzione ai problemi degli altri.                                                                           

CARTA DEI PERMESSI ASSERTIVI

 

 

 

 

 

 

 

 

                                        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 3. Carta dei diritti personali

Il concetto di diritto è uno dei concetti di base per quanto concerne l’assertività. Nella definizione di assertività si parla infatti di: “difesa dei propri diritti senza violare quelli degli altri”. Soprattutto nelle donne che hanno una lunga tradizione di comportamenti passivi alle spalle, la semplice idea di avere un diritto e di potersi anche permettere di difenderlo provoca un certo disagio e la sensazione di essere egoisti (di anteporre cioè il proprio benessere a quello degli altri). Si avverte immediata anche la paura di infrangere un proprio credo religioso e culturale e possono emergere sensi di colpa celati dalla nostra “buona educazione”.

Per uscire da questa difficoltà occorre sapere che per una modalità di relazione interpersonale più equilibrata e costruttiva, è indispensabile concedere a se stessi dei permessi, è molto difficile chiedere rispetto agli altri se noi stessi non siamo convinti di meritarlo (figura 3).

In altre parole, quando ci si trova in una situazione di relazione, conoscere i propri diritti e quelli dell’interlocutore consente di capire se si stanno in qualche modo violando, e fornisce i parametri in base ai quali si può decidere se è opportuno sollevare una certa questione e fino a che punto ci si può spingere nel sostenerla.

In ogni situazione le persone coinvolte hanno diritti particolari e correlati al contesto e alla cultura di appartenenza. Esistono, però, dei principi qualificabili come diritti inviolabili della persona che proprio in quanto tali, sono comuni a tutte le situazioni di relazione e non possono  essere dimenticati. Dobbiamo chiederci quanto concediamo a noi stessi il permesso di essere e fare ciò che desideriamo ed invece quando, magari per paura, acconsentiamo ad una volontà che non ci appartiene.

Autostima e assertività

Il rapporto con gli altri viene continuamente filtrato da qualcosa che è dentro di noi, il nostro filtro è composto da diversi elementi: autostima, convinzioni, condizionamenti culturali, sociali, politici, filosofici, religiosi, lo spirito dell’epoca in cui viviamo. Le caratteristiche psicologiche generali ci inducono aD interpretare gli eventi e i rapporti con gli altri. Non possiamo non interpretare i fatti, è inevitabile, forse quello che possiamo sperare è di non distorcerli troppo.

La consapevolezza e l’accettazione dei propri diritti e di quelli altrui nasce dalla concezione che si ha di se stessi, e più in generale delle persone, delle idee e delle situazioni, consapevoli che l’interpretazione della realtà non corrisponde sempre a ciò che “appare”.

Ad esempio una persona depressa tende a distorcere in senso negativo quanto avviene fuori e dentro di lei, rischiando di peggiorare il proprio umore che, a sua volta, potrà incidere sull’interpretazione degli eventi, rendendoli sempre più negativi.

La valutazione che ognuno da di sé in termini di importanza e di capacità personali (autostima), è molto importante perché condiziona pensieri ed azioni ed influisce sullo stile di relazione interpersonale.

Quando si parla di autostima si fa riferimento alla certezza interiore del proprio valore, la coscienza di essere un individuo unico, di essere una persona che ha dei punti di forza e dei limiti.

L’autostima corrisponde all’atteggiamento che ciascuno di noi ha nei confronti di se stesso e comprende:

§  l’aspetto cognitivo: l’opinione che ognuno ha di sé (aspetto fisico, conoscenze, professione, raggiungimento degli obiettivi prefissati);

§  l’aspetto emotivo: cosa la persona prova nei propri confronti (affetto, indifferenza, ostilità…);

§  l’aspetto comportamentale: come la persona si comporta nei suoi riguardi (rispetto di sé, soddisfazioni proprie).

I requisiti di un’adeguata autostima sono:

§  coscienza del proprio valore: per avere un’adeguata autostima bisogna avere coscienza e consapevolezza delle proprie capacità e potenzialità e mantenere una buona aderenza alla realtà, cioè vedere il mondo esterno con obiettività;

§  accettazione dei propri limiti, delle proprie debolezze, inadeguatezze;

§  fiducia nel saper affrontare e risolvere i problemi. Sapere di poter contare sulle proprie risorse e sulle proprie capacità di adattamento alle situazioni problematiche.

§  Essere pronto a rischiare un fallimento. Persona forte psicologicamente ha il coraggio di rischiare e non ha paura di sbagliare e di esporsi.

Per comprendere meglio il concetto di autostima vi propongo il racconto “Il re”.

Un re andava a caccia con il suo cavaliere preferito e con un servitore, quando rimasero separati dal resto del gruppo.

Mandò il servo a cercare l’uscita della foresta. Il servo incontrò un cieco con un bambino, e gli ordinò: “in nome del re, indicami la strada che porta fuori dalla foresta o ti taglio la testa”.

Il cieco gliela indicò e il servo lo seguì.

Dopo un po’ arrivò il cavaliere, mandato allo stesso scopo. Il cavaliere chiese al cieco: “Vi prego, signore, indicatemi la strada per uscire dalla foresta”.

Il cieco gliela indicò e il cavaliere sparì.

Dopo un po’ arriva il re. “Mi sono perduto” disse il re. “Aiutereste questo povero sciocco ad uscire dalla foresta?”

“Certo, vostra maestà” disse il cieco. “Il vostro servo e il vostro cavaliere sono già andati nella direzione giusta”.

Quando il re se ne andò, il bambino chiese al cieco: “Come avete fatto a distinguere il re dagli altri?”

Ed il cieco rispose:

“Solo una persona debole minaccia gli altri, e quindi il primo era un servo. Solo un cavaliere si sarebbe rivolto in tono educato a un contadino, che gli è inferiore. E sono un re poteva assumersi la piena responsabilità per essersi perso”.

Affrontare le situazioni problematiche con assertività richiede una buona dose di autostima, ma all’interno di questo concetto molto ampio, anche di auto-efficacia o efficacia personale.

Questo concetto è stato introdotto da A. Bandura che lo definisce come “fiducia della persona nella propria capacità (o incapacità) di mobilitare la motivazione, le risorse cognitive e i comportamenti necessari per esercitare un controllo sugli eventi della propria vita” (Bandura 1998).

Quello che conta non è il risultato ottenuto quanto la sensazione di essere in grado di agire e di influenzare il corso degli eventi verso un obiettivo desiderato.

Il nostro senso di autoefficacia influenza le nostre aspettative rispetto alla nostra abilità di far fronte ad una determinata situazione problema, quindi se abbiamo un basso senso di efficacia personale saremmo portati a vivere con timore le attività “difficili”, avremmo basse aspirazioni, ci concentreremo sugli ostacoli e non sapremmo concentrarsi sulle nostre risorse.

In che modo il livello di autostima e di autoefficacia determinano la capacità o meno di emettere un comportamento assertivo o viceversa passivo o aggressivo?

L’idea di valere poco, il senso di inadeguatezza e di “non essere capace di” sono spesso all’origine di comportamenti passivi o, viceversa, aggressivi e di imposizione del proprio volere e parere sull’interlocutore.

Nella tabella 1 che segue vengono presentati alcuni “messaggi” più frequenti insieme alle elaborazioni che ne vengono fatte e che possono influire sul livello di autostima della persona che le interiorizza.

 

Messaggio

 

 

Effetti

 

“Non parlare se non hai niente di importante da dire”.

 

§ Non dice cosa pensa

§ Non manifesta emozioni

§ Ha un basso livello di autostima, pensa che le sue opinioni valgano meno di quelle altrui

 

 

“Sii perfetto”

 

 

§ Non “rischia”

§ Si sente in colpa e molto frustrato quando le cose che fa non sono perfette

§ Ha aspettative non realistiche verso di sé e verso gli altri

§ Non è mai soddisfatto

 

“Non manifestare la rabbia”

§ Reprime le emozioni

§ Evita a tutti i costi il conflitto

§ Cerca di cambiare le sue emozioni

 

“Che cosa penserà di me?”

§ Ritiene che ciò che li altri pensano sia più importante di ciò che pensa lui

§ Si preoccupa di ciò che pensano gli altri

§ Lascia che gli altri lo giudichino

§ Non è sicuro di sé

Tabella 1. Messaggi relazionali ed effetti sull’autostima. (da Burley-Alley 1983).