Ristrutturazione cognitiva
È l’insieme dei processi terapeutici che conducono alla modificazione di convinzioni disfunzionali più o meno consapevoli, relative al mondo esterno e a se stessi. Questa tecnica è tra gli strumenti operativi principali del trattamento cognitivo e consiste nell’esaminare le cognizioni del soggetto in riferimento ad un evento insieme con le conseguenti reazioni emotive e comportamentali, essa serve ad aiutare il paziente a produrre delle modificazioni nel suo modo di pensare con la verifica delle reazioni collegate, tale metodo è l’applicazione diretta del modello ABC.
Il modello ABC è il paradigma di analisi di base nella psicoterapia cognitiva, è stato introdotto da Ellis e va ad enfatizzare l’elemento cognitivo come determinante della condotta. Si tratta di uno schema, come detto in precedenza, a tre colonne attraverso cui vengono analizzate le esperienze di disagio emotivo, separando i tre elementi essenziali: gli eventi antecedenti, la loro interpretazione cognitiva e le reazioni emotive e comportamentali. Il disagio emotivo è funzione di quanto accade a livello cognitivo ossia delle valutazioni e convinzioni su un certo evento. Nella realtà, però, uno stesso evento può generare più alternative ed interpretazioni, ed attivare parallelamente reazioni emotive e comportamentali diverse: si parla in questo caso di ABC paralleli esempio: dopo essere stata bocciata ad un esame posso sentirmi sia depressa che arrabbiata perché valuto l’evento sia come una prova della mia incapacità, sia come un torto subito (“non è giusto che i professioni non mi abbiano aiutato”). Una reazione emotiva o comportamentale, inoltre, può diventare essa stessa oggetto di valutazione attivando così una successiva sequenza ABC che si chiama ABC secondario. Esso è il problema che il soggetto si crea per il fatto stesso di avere un problema (Mancini, Perdighe 2008). Il modello ABC permette l’identificazione e il riconoscimento dei pensieri che la persona formula sugli eventi, alcuni di essi risultano disfunzionali perché creano disagio e sofferenza, allontanano dagli scopi e tendono ad autoperpetrarsi nonostante la loro inefficacia (Mancini Gangemi 2002). Ellis (1962) individua nei pazienti una serie di pensieri disfunzionali e li organizza all’interno di categorie:
pensiero dicotomico: le cose sono viste in termini di categorie mutualmente escludentisi senza gradi intermedi. Ad esempio, una situazione o è un successo oppure è un fallimento; se una situazione non è proprio perfetta allora è un completo fallimento. (“o tutto o nulla”);
ipergeneralizzazione: anche definito come “globalizzazione”; uno specifico evento è visto come una caratteristica di vita in generale o globale piuttosto che come un evento tra tanti. Ad esempio, concludere che se qualcuno ha mostrato un atteggiamento negativo in una occasione, non considera poi le altre situazioni in cui ha avuto atteggiamenti più opportuni. (“di tutta l’erba un fascio”);
catastrofizzare: gli eventi negativi che possono verificarsi sono trattati come intollerabili catastrofi piuttosto che essere visti in una prospettiva più pratica e moderata. Ad esempio, il disperarsi dopo un brutta figura come se fosse una catastrofe terribile e non come una situazione semplicemente imbarazzante e spiacevole. (“è terribile se…);
ragionamento emotivo: considerare le reazioni emotive come reazioni strettamente attendibili della situazione reale. Ad esempio, concludere che siccome ci si sente sfiduciati, la situazione è senza speranza. (“se mi sento così allora è vero”);
doverizzazioni: l’uso di “dovrei”, “devo”, “bisogna”, si deve”, segnala la presenza di un atteggiamento rigido e tendente alla confusione tra “pretendere” e “desiderare”, e ciò è in diretta connessione con regole personali. Ad esempio, il pensare che un amico deve stimarci, perchè bisogna stimare gli amici. (“devo …”, “si dovrebbe …”, “gli altri devono …”);
etichettamento: identificare qualcuno tramite una etichetta globale piuttosto che riferirsi a specifici eventi o azioni. Ad esempio, il pensare che si è un fallimento piuttosto che si è inadatti a fare una certa cosa. (“è un …..”).
La tecnica della ristrutturazione cognitiva prevede la messa in discussione dei pensieri disfunzionali attraverso il riconoscimento della categoria di appartenenza ma soprattutto sottoponendoli ad un esame obiettivo della realtà. Mettere in discussione un pensiero significa aiutare il paziente a ricercarne la veridicità ponendosi una serie di domande:
Discussione dei Pensieri irrazionali |
1. Questo pensiero corrisponde alla realtà obiettiva dei fatti? 2. Questo modo di pensare serve a proteggere la mia vita? 3. questo modo di pensare serve a farmi raggiungere i miei scopi presenti e futuri? 4. Serve ad evitare le difficoltà che incontro con gli altri? 5. serve a farmi sentire come desidero? 6. Serve a farmi comportare come desidero? 7. Quali prove esistono della veridicità del mio pensiero? 8. Quali prove esistono della falsità del mio pensiero? 9. Quali sono le cose peggiori che potrebbero capitare se fosse vero 10. Quali sono le cose migliori che potrebbero capitare se fosse vero? 11. Che probabilità ho che questo accada? 12. Quali cose buone potrebbero capitarmi se gli eventi andassero nel modo in cui io penso dovrebbero andare? 13. Sono davvero sicuro/che quello che penso non sia errato? 14. Su 100 persone quante penserebbero nel mio stesso modo? 15. Cosa direi ad una persona che pensasse quello che penso io? |
Tabella 2. C. De Silvestri (1999)
I pensieri vengono discussi nel valore assoluto che assumono per l’individuo e sostituiti con altri più realistici, la ristrutturazione cognitiva non equivale quindi all’assunzione di un pensiero positivo, ma consiste nell’aiutare le persone a formulare valutazioni più aderenti alla realtà. Il modello ABC viene così esteso a comprendere altri due punti: D (Disputing =Discussione) ed E (Effects = Effetti). Al punto D il paziente viene addestrato a dibattere le convinzioni irrazionali fino ad arrivare a contestarle ed abbandonarle. Questo processo produce effetti a livello emotivo e comportamentale che consistono in una diminuzione sostanziale nell’intensità dell’emozione, nella riduzione dell’attivazione neurovegetativa e, in alcuni casi un cambiamento nel comportamento del paziente in termini di atteggiamenti ed attività (De Silvestri 1981).
Da una ricerca condotta nel 1983 da Conoley e coll., è emerso che nel trattamento della rabbia l’uso dell’ABC o della tecnica della “Sedia Vuota” propria della teoria della Gestalt, non produce differenze significative, entrambi i metodi portano ad una riduzione nell’intensità dell’emozione e dell’attivazione fisiologica ad essa associata misurata attraverso la diminuzione della pressione sanguigna. Sebbene le due procedure partano da concezioni teoriche molto diverse si sono dimostrate parimenti efficaci nella gestione della rabbia, tuttavia l’ABC è stato descritto dai soggetti come una tecnica che ha permesso la modificazione delle convinzioni legate a quest’emozione molto più rapida rispetto all’addestramento necessario per l’applicazione della “Sedia vuota” (Conoley C.W., Conoley J.C, McConnel J.A, Kimzey C.E. 1983)