Stress Inoculation Training
La procedura dello Stress Inoculation Training rappresenta una delle varie modalità di intervento psicologico per far fronte allo stress e alle sue conseguenze disfunzionali, è stata introdotta da Donald Meichenbaum nel 1977 nel contesto della terapia cognitivo-comportamentale successivamente, negli anni è stato rivisitato varie volte apportando chiarimenti e perfezonamenti. Il modello concettuale, su cui essa si fonda, presenta lo stress come una transazione fra individuo ed ambiente, cioè la risultante dell’interazione fra queste due variabili. La reazione emotiva agli stimoli ambientali inoltre, non dipende dalla natura dello stressor ma dalle valutazioni che ne dà l’individuo. Egli non è una vittima passiva dello stress ed è possibile, secondo Meichenbaum, risalire alle sue valutazioni attraverso l’analisi del dialogo interno, quest’ultimo comprende le convinzioni ed i pensieri che risultano avere un ruolo importante nel generare, mantenere, e rendere più intense le reazioni della persona. Il modello S.I.T. impone di condurre un’analisi accurata dell’esperienza del soggetto esaminando le sollecitazioni ambientali, le reazioni comportamentali ed emotive ma soprattutto il processo cognitivo di percezione e valutazione di esse. Nella reazione allo stress intervengono sia le componenti cognitive che l’iperattivazione somatica, il ricorso a questa tecnica avvalora l’idea che entrambe possono essere modulate attraverso un’adeguata esperienza di training.
La procedura è volta non tanto a modificare l’ambiente esterno quanto a sviluppare nel soggetto le capacità che possono essergli utili ad affrontare situazioni difficili in modo più funzionale. Si ricorre al concetto medico di vaccinazione secondo cui l’organismo potenzia le proprie difese grazie all’inoculazione di dosi attenuate degli stessi agenti patogeni da cui si vuole immunizzare, così nel S.I.T. l’individuo sviluppa le proprie risorse e capacità di gestione dello stress sperimentandole nel corso di esposizioni e ripetizioni in un setting assistito e protetto (Jaremko 1983) . Analogamente all’inoculazione medica, la procedura, ha lo scopo di formare degli anticorpi psicologici, delle abilità di coping quindi di fronteggiamento della realtà. In questo modo è possibile aumentare la resistenza psicologica tramite l’esposizione a stimoli abbastanza forti da attivare delle difese, ma non così potenti da abbatterli per questo motivo è collocabile in un’ottica di prevenzione e non solo di intervento terapeutico. La persona sviluppa un senso di intraprendenza appresa nel tenere testa a livelli gestibili di stress e nella possibilità di riuscire a fronteggiare situazioni future più impegnative. L’applicazione dello Stress Inoculation Trining è stata estesa ad ambiti molto diversi fra loro, Novaco nel 1977 lo utilizza con successo in soggetti con problemi di autocontrollo della collera e dell’aggressività fisica. Questo programma di riduzione e prevenzione dello stress aiuta ad individuarne i primi indici come segnali e a partire da essi adottare le abilità apprese perché è più facile interrompere un ciclo di stress al suo inizio piuttosto che quando il soggetto è “nel cuore della battaglia” (Meichenbaum 1985).
L’autore ha suddiviso la procedura in tre fasi:
1. Valutazione cognitiva: in cui si raccolgono i dati sull’esperienza di stress del paziente attraverso il ricorso all’analisi del dialogo interno con l’utilizzo del modello ABC di cui sopra, al fine di aiutarlo al riconoscimento dei segnali cognitivi e somatici di bassa intensità che sono premonitori dell’innescarsi della rabbia.
2. Acquisizione: Vengono insegnate le varie strategie di coping, tra le quali sarà il cliente stesso a verificare quelle che funzionano meglio nel suo caso. Esse sono: rilassamento muscolare che contribuisce alla riduzione dell’attivazione fisiologica, modificazione del dialogo interno servendosi della ristrutturazione cognitiva, addestramento all’autoistruzione. Questa tecnica prevede che siano presentate al cliente una serie di affermazioni che egli deve rivolgere a se stesso in ogni specifica fase dell’esperienza stressante. Tali affermazioni non sono il frutto dell’imposizione del terapeuta ma della messa in discussione, da parte del paziente, delle proprie affermazioni e l’individuazione di nuove e più appropriate alla sua situazione.
3. Applicazione: Si incoraggia il cliente ad applicare le tecniche di coping apprese nelle situazioni quotidiane. Inizialmente, il terapeuta funge da modello mostrando come deve essere affrontata la situazione, si chiede poi al cliente di provare nell’immaginazione ad affrontare la situazione disturbante servendosi delle tecniche appena apprese.
Lo scopo del ricorso a questa tecnica nel trattamento della rabbia è di permettere all’individuo il riconoscimento dei segnali premonitori dell’attivazione della rabbia e a partire da essi riuscire ad intervenire utilizzando strategie di coping utili a diminuire l’attivazione fisiologica e a ridurre l’intensità dell’emozione garantendo così la gestione dei comportamenti ad essa associati.