Vulnerabilità, schemi e core belief: aspetti teorici
I modelli clinici di stampo cognitivista assumono che i fenomeni cognitivi mediano la relazione tra gli eventi di cui facciamo esperienza e i nostri comportamenti o le nostre reazioni emotive.
La psicopatologia segue le stesse leggi della normalità, tanto che Beck nel 1991 sottolineava che le emozioni disfunzionali che osserviamo in diversi disturbi psichiatrici sono nient’altro che alterazioni di normali processi adattivi.
Allo stesso tempo possiamo notare che molte persone presentano pattern relativamente stabili di attivazione emotiva, ossia tendono ad essere sensibili ad alcune tipologie di eventi e ad interpretarli in modo relativamente stabile ed idiosincratico.
I modelli cognitivi della vulnerabilità distinguono tra fenomeni distali e prossimali (Abramson et al. 1989). I fenomeni distali sono quelli che il soggetto presenta prima dello sviluppo del problema e sono predisposizioni cognitive a rispondere in maniera disadattiva ad alcuni eventi stressanti. I fenomeni prossimali sono i processi cognitivi che si manifestano nel momento dello scompenso, ovvero quando il disagio assume la forma di un problema psicologico.
Il paradigma stress-vulnerabilità asserisce che i disturbi psicologici sono causati dalla combinazione di fattori predisponenti (congeniti o appresi) e di fattori precipitanti (ambientali). Alloy et al. (1999) sottolineano che i fattori precipitanti (eventi stressanti, traumi infantili, disaccordo coniugale) possono innescare lo sviluppo di problemi psicologici o di disturbi emotivi, ma il grado e la tipologia di risposta ad essi può differire molto tra una persona e l’altra. Alcuni eventi ambientali possono essere particolarmente pregnanti e determinare lo sviluppo di problemi psicologici in soggetti che hanno una preesistente vulnerabilità cognitiva al disturbo. Altri soggetti possono non sviluppare alcun disturbo o, in caso contrario, possono manifestare disturbi molto differenti tra loro, tanto che la loro natura differisce a causa delle differenze individuali e non è determinata dalla tipologia dell’ evento stressante.
Le ricerche riferiscono che la presenza di eventi stressanti incide molto nella genesi della depressione (Paykel, 1982), dei disturbi bipolari (Roy- Byrne et al. 1986), della schizofrenia (Zuckerman 1999). Il modello stress-vulnerabilità, sottolineano Riskind e Alloy (2006) ci dà informazioni su CHI è vulnerabile a sviluppare un disturbo (ad es. individui che presentano un determinato stile cognitivo), su QUANDO è più probabile l’esordio (ad es. dopo un evento stressante) e su QUALE disturbo è più probabile che si manifesti (ad es. depressione, disturbi alimentari). Il termine vulnerabilità viene utilizzato nel paradigma cognitivo (Just, Abramson e Alloy 2001) più frequentemente del termine diathesis in quanto la sua definizione contiene un idea di predisposizioni apprese e modificabili più che l’idea di tratti genetici immodificabili.
I modelli cognitivi della vulnerabilità differiscono tra loro per quanto riguarda gli specifici contenuti. Riskind e Alloy (2006) individuano alcuni punti in comune tra i vari modelli :
§ la vulnerabilità cognitiva si sviluppa a partire da precoci esperienze di vita (ad es. relazione di attaccamento o modeling): queste esperienze determinerebbero modificazioni nelle modalità di risposta del soggetto che, combinate con eventi stressanti futuri, possono dar luogo a disturbi psicologici;
§ la vulnerabilità cognitiva assume la forma di uno schema (Clark, Beck e Alford 1999) che altera i processi cognitivi (divenendo responsabile dell’uso di bias interpretativi e dell’alterazione dei normali processi cognitivi) e il contenuto dei pensieri (pensieri automatici);
§ la vulnerabilità cognitiva è associata all’uso di bias, specifici per ogni disturbo, nel processamento delle informazioni. Ad esempio, nella depressione vi sono bias specifici che tendono a far sovrastimare nel soggetto le informazioni relative alle perdite passate, all’inaiutabilità, all’ineluttabilità del proprio destino avverso.
Beck (1967, 1976) sostiene che la vulnerabilità ad avere difficoltà nel futuro sia causata da strutture maladattive di conoscenza, che definisce schemi, composte da pensieri nucleari , attitudini e concezioni che si sviluppano a partire da esperienze precoci. Gli schemi influenzano il significato idiosincratico che le persone attribuiscono agli eventi e sono perciò responsabili dell’impatto emotivo che le persone manifestano di fronte agli eventi stressanti.
L’attivazione dello schema determina profonde alterazioni nella natura delle cognizioni delle persone. Ad esempio, le persone che tendono a giudicarsi come fallite possono essere vulnerabili a sviluppare disturbi dell’umore; si può comunque notare che questi soggetti presentano pensieri riguardo a se stessi, agli altri e al futuro e tendono a ricordare e selezionare informazioni in modo molto differente durante gli stati depressivi e durante gli stati emotivi in cui non è presente la depressione.
Il concetto di schema
Molti autori hanno sottolineato il ruolo degli schemi nel determinare la psicopatologia; nonostante ciò in letteratura non troviamo un accordo generale sulla definizione di schema. Ad esempio, spesso è definito come un pensiero incondizionato (“sono un incompetente”) o un pensiero condizionato (“se faccio un errore la gente non avrà più rispetto per me”) o come regole di comportamento (“devo lavorare in modo perfetto”). Molti termini, spesso intercambiabili, sono utilizzati per descrivere il concetto di schema: schemi interpersonali (Safran 1990), persona e schemi di Sé (Horowitz 1991), schemi maladattivi precoci (Young, 1994), core belief (Beck, Freeman 1990), pensieri incondizionati, attitudini disfunzionali. Singer e Salovey (in Horowitz 2001, pp. 48-49) ci propongono una serie di definizioni di Schema presenti in letteratura, utile in quanto ci permette di comprendere quanto esso sia un oggetto dibattuto da più correnti di pensiero e ritenuto un costituente fondamentale del funzionamento della mente.
Come possiamo notare, in letteratura troviamo differenti definizioni di schema (tabella 1). I primi modelli clinici della CBT (Beck, Rush, Shaw & Emery 1979) sostenevano che i pensieri automatici fossero riconducibili a strutture cognitive denominate schemi. Questi ultimi, inattivi anche per lunghi periodi, possono essere attivati da particolari eventi (come un’esperienza di perdita reale o immaginaria) e guidare la nostra esperienza e i nostri processi emotivi e cognitivi, rendendosi responsabili della presenza di pensieri automatici negativi e influenzando in maniera prevalente il nostro comportamento, le nostre relazioni con gli altri e le nostre modalità di far fronte ai problemi, fino a dar luogo a patologia psichiatrica.
Rumelhart e Ortony 1977 |
Una struttura per rappresentare contenuti generici immagazzinati in memoria; essa contiene la rete di intercorrelazioni tra i costituenti del concetto in questione |
Tesser 1978 |
Una teoria ingenua di qualche dominio di stimoli , ci dice a che cosa fare attenzione e contiene la rete di associazioni che si ritengono valide fra gli attributi dello stimolo e quindi offre delle regole per pensare allo stimolo |
Cohen e Ebbesen 1979 |
Una struttura cognitiva ipotetica che integra le unità di livello inferiore della informazione (ossia quelle più concrete o vicine alla percezione periferica) in un’ unità di livello superiore coerente e significativa. Uno schema riflette la conoscenza della co-occorrenza di elementi, che l’individuo ha acquisito con l’esperienza. |
Fiske e Linville (1980) |
Una struttura cognitiva di conoscenza precedente organizzata astratta dall’esperienza con casi specifici; essa guida l’elaborazione di nuove informazioni e il recupero delle informazioni immagazzinate |
Cohen 1980 |
Una struttura cognitiva ipotetica che rappresenta le associazioni tra le unità di livello inferiore dell’informazione, portando ad un’ unità funzionale di livello superiore coerente e significativa |
Taylor e Crocker 1981 |
Una struttura cognitiva costituita in parte dalla rappresentazione di qualche dominio definito, contiene una conoscenza generale su qualche dominio, inclusa la specificazione delle relazioni tra i suoi attributi, oltre che esempi o casi specifici del dominio. Offre delle ipotesi sugli stimoli in arrivo che includono per interpretare e raccogliere informazioni connesse allo schema; può offrire anche una base per attivare sequenze reali di comportamento o aspettative su sequenze specifiche di comportamento. |
Hastie 1981 |
Un dispositivo teorico conveniente per rappresentare le aspettative del soggetto sulla struttura degli eventi passati e futuri nel mondo o per rappresentare configurazioni desiderabili e apprezzate di eventi. Lo schema di una tendenza centrale è un membro di una serie di stimoli collocato al centro statistico della distribuzione degli item. Uno schema modulo è un sistema di archiviazione per classificare , mantenere e coordinare i dati sensoriali in arrivo. Uno schema procedurale è una struttura astratta , generale , che stabilisce relazioni tra eventi o entità specifiche |
Graesser e Nakamura 1982 |
Strutture gerarchiche di conoscenza che guidano le interpretazioni, le inferenze, le aspettative e l’attenzione di chi comprende |
Alba e Kasher 1983 |
Il termine schema non ha una definizione fissa. Viene più spesso usato per riferirsi alla conoscenza generale che una persona possiede su un particolare ambito. |
Fiske e Taylor 1984 |
Una struttura cognitiva che rappresenta la conoscenza, organizzata su un dato concetto o tipo di stimolo. Uno schema contiene sia gli attributi del concetto che le relazioni tra gli attributi. Gli schemi sono teorie o concetti che guidano le persone nell’assimilazione, nel ricordo e nelle inferenze dei dati grezzi. Gli schemi-persona sono la comprensione che gli individui hanno della psicologia di persone tipiche o specifiche, costituiti di tratti e obiettivi, che li aiutano a classificare gli altri e a ricordare il comportamento riguardante lo schema. Gli s. di ruolo descrivono le norme e i comportamenti appropriati per ampie categorie sociali, basate sull’età, sulla razza, sul sesso e sull’occupazione. Gli s. di eventi sono la conoscenza precedente della sequenza tipica di eventi o occasioni sociali standard che aiutano le persone a capire le informazioni ambigue, a ricordare quelle rilevanti e a dedurre informazioni coerenti mancanti (vedi script). Gli s. procedurali sono regole per collegare il contenuto ma non in grande quantità; essi guidano l’elaborazione dell’informazione verso quella rilevante per lo schema. |
Tabella 1.Definizioni di schema in letteratura
Una revisione del concetto di schema la troviamo in James (2004, 2007). Egli ritiene che gli schemi siano definibili come memorie. Gli schemi possono essere attivati in maniera consapevole (quando,ad esempio, il soggetto ricorda eventi del passato) oppure inconsapevole (nel caso, ad esempio, dello svolgimento di compiti di natura procedurale). Questo sistema di immagazzinamento e recupero delle informazioni permette alle persone di eseguire le attività abituali in modo efficiente. Ogni memoria è composta dalle varie proprietà (contenuto cognitivo, cinestetico, olfattivo etc..) associate all’esperienza. Gli schemi permetterebbero perciò alle persone di occuparsi di situazioni familiari e di routine, interpretando e producendo informazioni rapidamente e riducendo in questo modo il lavoro information processing necessario per affrontare le situazioni. Il limite di questo sistema è che tende a stabilizzare l’uso di pattern di comportamenti (attività, pensiero, sentimenti) che tendono a ripetersi, divenendo così inflessibile. Il legame del concetto di schema con le ricerche relative alla memoria ha, secondo James, due ragioni. La prima è che il modello diathesis-stress conduce logicamente alla concettualizzazione dello schema in termini di memoria, in quanto esso asserisce che le caratteristiche che sono codificate nel passato sono state immagazzinate e possono essere attivate nel futuro di fronte a appropriati stimoli. In secondo luogo, secondo James, l’esperienza di depressione consta di informazioni multifattoriali, quali cognizioni, sensazioni strategie comportamentali che, sperimentate già nel passato, possono riattivarsi durante episodi futuri nella forma di un concetto unitario: a questo l’autore dà il nome di schema .
Schemi e core belief
La CBT, sottolinea James (2004) ci permette di comprendere la psicopatologia attraverso le interconnessioni tra quattro sub-componenti: pensieri, emozioni, sensazioni e comportamenti. Per comprendere come si sviluppa e come si mantiene questa interconnessione è però necessario esaminare in quali situazioni -presenti o passate- queste componenti sono state attivate contemporaneamente. In questo modo è possibile identificare un tema sovra-ordinato che ci aiuta a spiegare la psicopatologia del soggetto nel tempo e nelle diverse situazioni; questo tema, che è la rappresentazione verbale dello schema del paziente è il core belief o nucleo centrale.
Non tutti i pensieri considerati fortemente pregnanti dai pazienti sono dei core belief: per determinare quanto un pensiero sia nucleare è necessario esaminare la quantità di affetti ad esso associati. In una lavoro del 1986, Safran, Segal, Vallis e Shaw, riprendendo le teorie di Mahoney, Guidano e Liotti, propongono una distinzione tra processi cognitivi nucleari (“core”) e periferici, sottolineando che i processi nucleari sono correlati con la costruzione di Sé e con l’esperienza di Sé associata alla patologia riferita dal pazienti. Essi possono essere identificati attraverso una profonda esplorazione dei pensieri e delle immagini mentali associati con un elevata attivazione emotiva e collegando il significato degli specifici eventi riferiti dai pazienti con il senso di sé. Da questo punto di vista, sottolineano gli autori, l’identificazione di un semplice attributo di Sé può, se preso da solo, non essere sufficiente per determinare i processi cognitivi nucleari.
Un core belief è la rappresentazione verbale di uno schema con cui il soggetto si identifica e che determina una forte attivazione emotiva; è associato ad uno schema che si attiva facilmente e frequentemente ed esprime sia le convinzioni del soggetto relative al Sé, sia le convinzioni di natura sociale, culturale e religiosa.
Un’altra classe di pensieri che possiamo rintracciare nelle definizioni di schema sono i pensieri auto-riferiti, ossia pensieri nucleari che riguardano la percezione che il soggetto ha di se stesso in relazione alla propria esistenza (passato-presente e futuro). Una concezione esemplificativa di questo sub-set di pensieri nucleari è, secondo James, il concetto di SMP di Young (1994).
Blissett et al. (2006) utilizzano il termine di core belief per indicare l’insieme di temi negativi relativi a se stessi e alle relazioni con altri, che si sviluppano precocemente e determinano le modalità di processamento delle esperienze successive. Secondo questi autori i core belief sono incondizionati, rigidi, impliciti e resistenti al cambiamento; uno dei loro ruoli fondamentali consiste nell’organizzare il concetto di Sé, tanto che le informazioni che tendono a contraddire questi pensieri di solito vengono processate secondo modalità che mantengono attivo lo schema.
Nella pratica clinica è opportuno individuare gli schemi maggiormente presenti nei pazienti tenendo conto di 5 caratteristiche chiave che possono aiutarci a spiegarne la complessità:
§ Il tempo di formazione: alcuni autori (Platts 2002, Young 1994) sostengono che gli schemi si formano durante la fanciullezza. James invece, proponendo l’analogia tra schema e memoria, sostiene che possano formarsi in ogni stadio della vita.
§ Il grado di funzionalità: l’attivazione di uno schema può essere disfunzionale in alcuni contesti e funzionale in altri; è quindi necessario ricostruire il sistema di convinzioni dei pazienti ed esaminare dettagliatamente i costi e i benefici dell’attivazione degli schemi stessi e del loro cambiamento nelle loro particolari esperienze di vita.
§ La condizionabilità, ossia gli aspetti cognitivi dello schema. Secondo James i core belief assumono sia la forma di pensieri condizionali (Se…allora) sia la forma di pensieri incondizionati (io sono…); mentre questi ultimi sono più resistenti al cambiamento, i pensieri condizionali sono più flessibili e sono quelli sui quali è più opportuno lavorare nell’ottica di un cambiamento a livello di schema.
§ La pervasività nell’attivazione dello schema, ossia il periodo e le situazioni nelle quali lo schema influenza (o non influenza) il comportamento dei pazienti e le loro relazioni interpersonali.
§ Il cambiamento, ossia il potenziale e il grado di cambiamento dello schema. Alcuni autori (Henry e Williams, 1997) sottolineano che i core belief sono talmente essenziali da rendere difficile il cambiamento. Capirne la rigidità permette al clinico di porsi obiettivi differenti di cambiamento, concentrandosi sui meccanismi di mantenimento (evitamento, strategie compensatorie) o sulla pervasività, distinguendo le aree in cui lo schema può essere ritenuto funzionale da quelle in cui può essere ritenuto disfunzionale.
Il concetto di schema in A.T.Beck
Una precedente versione del concetto di schema la troviamo in Beck (1964); secondo Beck gli schemi vengono utilizzati per selezionare e codificare gli stimoli; secondo Platts (2002) gli schemi dirigono l’attenzione e permettono, a partire dalle informazioni immagazzinate in precedenza, di generare aspettative e interpretazioni di nuove esperienze; “ come gli stili di attaccamento”- dice Platts – “ anche gli schemi sono sviluppati durante l’infanzia come risultato di interazioni con altri significativi”.
Il contenuto degli schemi può avere a che fare con relazioni interpersonali, atteggiamenti verso se stessi e gli altri e categorie interpersonali; gli schemi presentano specifiche qualità strutturali, come l’ampiezza (possono essere stretti, intermedi o ampi), la flessibilità o rigidità e la densità (ossia la loro preminenza nell’organizzazione cognitiva), la valenza (ossia il grado di attivazione). Gli schemi tipici dei disturbi di personalità (le cui credenze sono riportate nella tabella 2) sono simili a quelli che sono attivati nei disturbi di Asse I, ma sono operativi su una base più continua nell’elaborazione delle informazioni: nel disturbo dipendente di personalità, ad esempio, lo schema “ho bisogno di aiuto “ sarà attivato ogni volta che il soggetto vive una situazione problematica, mentre nei soggetti depressi sarà preminente solo durante la depressione.
Disturbo di Personalità |
Concetto di Sè |
Concezione degli altri |
Convinzioni specifiche principali |
Strategie principali |
Evitante |
Vulnerabile al discredito, al rifiuto Socialmente inetto, incompetente |
Critici, che umiliano Superiori |
E’ terribile essere rifiutati, smontati Se le persone conosceranno il vero me mi rifiuteranno Non posso sopportare sentimenti spiacevoli |
Evitare situazioni di valutazione Evitare sentimenti e pensieri spiacevoli |
Dipendente |
Bisognoso Debole Incompetente Indifeso |
(idealizzati) Che alimentano Che offrono sostegno Competenti |
Ho bisogno delle persone per sopravvivere, per essere felice Ho bisogno costantemente di sostegno, di incoraggiamento |
Coltivare relazioni di dipendenza |
Passivo aggressivo |
Autosufficiente Vulnerabile al controllo, all’interferenza |
Intrusivi Esigenti Interferenti Che esercitano controllo Che dominano |
Gli altri interferiscono con la mia libertà di azione. Il controllo da parte degli altri è intollerabile Devo fare le cose da solo |
Resistenza passiva Apparente sottomissione Eludere. Sfuggire alle regole |
Ossessivo Compulsivo |
Responsabile Meticoloso Competente |
Irresponsabili Negligenti Incompetenti Autoindulgenti |
So cos’è il meglio I dettagli sono molto importanti Le persone dovrebbero fare del loro meglio |
Applicare le regole Perfezionismo Valutare controllare i “dovrei”, criticare Punire |
Paranoide |
Retto Innocente, nobile Vulnerabile |
Interferenti Maliziosi Discriminatori Che maltrattano |
Gli altri hanno motivi sospetti Devo stare in guardia |
Diffidenza Ricerca di motivi nascosti Accusare Contrattaccare |
Antisociale |
Vulnerabili Sfruttatori |
Vulnerabili Sfruttatori |
In diritto di infrangere Gli altri sono dei buoni a nulla, degli sciocchi Gli altri sono degli sfruttatori |
Attaccare, rubare, manipolare, ingannare |
Narcisistico |
Speciale, unico Superiore, merita regole speciali, superiore Al di sopra delle regole |
Inferiori Ammiratori |
Poiché sono speciale, merito regole speciali Sono al di sopra delle regole. Sono migliore degli altri |
Usare gli altri Trascendere le regole Manipolativa Competitiva |
Istrionico |
Affascinante Di grande effetto |
Seducibili Recettivi Ammiratori
|
La gente esiste per servirmi o ammirarmi Gli altri non hanno alcun diritto a negare i miei meriti Posso contare sui miei sentimenti |
Usare atteggiamenti plateali, fascino,attacco di ira, pianto; gesti suicidi |
Schizoide |
Autosufficienti Soli |
Intrusivi |
Gli altri non sono gratificanti Le relazioni sono caotiche, indesiderabili |
Stare lontano |
Tabella 2. Beck: gli schemi tipici dei disturbi di personalità
Gli schemi sono organizzati secondo le loro funzioni e secondo il contenuto. Differenti tipi di schemi hanno funzioni diverse: ad esempio gli schemi cognitivi sono associati ai processi di astrazione, interpretazione e richiamo; gli schemi affettivi sono responsabili della produzione di sentimenti; gli schemi motivazionali agiscono sui desideri; gli schemi strumentali preparano all’azione; gli schemi di controllo comportano il monitoraggio e l’inibire e dirigere le azioni. Alcuni sottoschemi, costituiti da schemi cognitivi riguardano l’autovalutazione, altri la valutazione di alte persone, altri sono strutturati per immagazzinare ricordi, altri permettono alle persone di prepararsi alle situazioni nuove e costituiscono una base per le aspettative, le predizioni e le previsioni a lungo termine.