Il concetto del trauma psichico
Nell’ arco della storia umana si trova una vasta gamma di riferimenti a questa tematica nell’ arte, nella musica e nella letteratura. Nella storia della psichiatria, che ha i suoi inizi nel 1800, si è discusso molto sul ruolo del trauma psicologico nella genesi di vari problemi psichiatrici. Le questioni alle quali si cercava di trovare una risposta, riguardavano sin dall’inizio da un lato, il “trattamento” di questo “fenomeno” e dall’ altro lato l’eziologia del trauma. Il trauma è di natura organica o psicologica ? È l’evento stesso traumatizzante oppure l’interpretazione soggettiva? C’è, e che ruolo svolge una vulnerabilità preesistente? I soggetti soffrono di un’ involontaria disgregazione delle capacità di affrontare la propria vita, oppure sono affetti di una “debolezza morale” ?
La maggior parte delle questioni citate tutt’ oggi sono senza risposta definitiva.
PTSD nel DSM-IV
Il quadro clinico e i criteri diagnostici del PTSD nel DSM-IV sono i seguenti:
– il soggetto, dopo un’esposizione ad un evento altamente traumatico (criterio A1)
– deve reagire a quest’evento con paura intensa, vulnerabilità ed impotenza o provare orrore (la risposta per i bambini può essere di comportamento disorganizzato o agitazione) (criterio A2)
– rivivere intrusivamente aspetti del trauma (criterio B)
evitare stimoli interni e/o esterni, associati con l’evento traumatizzante, oppure dimostrare una reattività generale “ottusa” (ottundimento della reattività generale) (criterio C).
– dimostrare cronicamente un’attivazione alterata a livello psicofisiologico, chiamato anche iperarousal (criterio D)
– la sintomatologia deve persistere per più di un mese (criterio E) e
– deve causare disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale o lavorativo (criterio F)
Nel DSM-IV gli eventi che possono essere definiti “traumatici” sono i seguenti:
– eventi accaduti direttamente alla persona: combattimenti militari, aggressione personale violenta (violenza sessuale, attacco fisico, scippo, rapina) rapimento, essere presi in ostaggio, attacco terroristico, diagnosi di malattie minacciose ecc. Per bambini, gli eventi traumatici dal punto di vista sessuale possono includere le esperienze sessuali inappropriate dal punto di vista dello sviluppo senza violenza o lesioni reali o minacciate
– eventi accaduti in qualità di testimoni come l’osservare il ferimento grave o la morte innaturale di un’ altra persona dovuti ad assalto violento, incidente, guerra o disastro, o il trovarsi di fronte inaspettatamente a un cadavere o a parti di un corpo
– eventi di cui si è venuti a conoscenza : aggressione personale violenta , grave incidente, o gravi lesioni subiti da un membro della famiglia o da un amico stretto; il venire a conoscenza della morte improvvisa, inaspettata di un membro della famiglia o di un amico stretto; oppure il venire a conoscenza di una malattia minacciosa per la vita di un proprio figlio. Il disturbo può risultare particolarmente grave e prolungato quando l’ evento stressante è ideato e perpetrato da altri esseri umani (esempio: tortura, rapimento)
I primi criteri “base” (criteri A1 e A2) del DSM IV implicano che per diagnosticare il PTSD bisogna innanzitutto chiarire se nella storia del soggetto è veramente individuabile un evento estremamente stressante, ed in secondo luogo, se il soggetto soddisfa anche i criteri B,C,D, E, F.
Gli eventi che vengono riconosciuti stressanti (criterio A1) sono ben precisati e devono essere talmente evidenti da poter indurre una sintomatologia in ogni persona.
Le condizioni “estreme” previste in letteratura sono state criticate frequentemente (Briere, 1997, Carlson, Dalemberg, 2000, Giannantonio, 2002). La definizione del concetto di trauma è piuttosto restrittivo, anche se il DSM – IV stesso specifica che tali situazioni potenzialmente traumatiche “non sono limitate a” quelle incluse nell’ elenco. Ma di fatto il DSM-IV tende a privilegiare sia una valutazione “oggettiva” degli eventi traumatici ( eventi che la maggior parte delle persone vivrebbero come tali) che una visione dei traumi come eventi “discreti”, cioè facilmente individuabili, collocabili chiaramente nel tempo e nello spazio.
Ed è proprio rispetto a questi due assunti che partono le critiche, perché a quel punto tanti traumi non rientrerebbero in questa categoria e tante sintomatologie successive a tali eventi non potrebbero essere diagnosticati come tali.
Il concetto restrittivo del DSM-IV ripara dal rischio di etichettare come trauma qualunque evento “negativo”, cosa che farebbe perdere ogni utilità al concetto di trauma ma possiamo dire che il PTSD nel DSM-IV trascura eventi traumatici meno “spettacolari” da un lato e la soggettività del vissuto dall’altro.
Operando una classificazione meno serrata del concetto di trauma, si potrebbe, secondo Vecchiarelli (2007), far rientrare nella categoria degli eventi traumatici, sempre in funzione del modo in cui sono stati vissuti, i seguenti eventi:
– separazione e/o divorzio in età infantile
– condizioni protratte di abuso psicologico o incuria psicologica avvenute in ambito famigliare o extrafamigliare (esempio durante fasi delicate dello sviluppo psicofisico, essere costantemente oggetto di scherno per caratteristiche fisiche)
– l’incapacità “cronica” delle figure genitoriali di sintonizzarsi emotivamente nei confronti dei bisogni di un figlio
– perdita del posto di lavoro
– vivere cronicamente in condizioni economiche precarie o disagevoli
PTSD di primo tipo e di secondo tipo
Terr (1991 e 1994) propone una differenziazione dei tipi di traumi in trauma di tipo I e trauma di tipo II che in certi manuali di terapia vengono citati e ripresi come validi ed utili. Nel libro di Boos (2005), un manuale psicoterapico, vengono così descritti:
Trauma del tipo I |
Trauma del tipo II |
caratteristica: evento unico, inaspettato e di durata discreta |
caratteristica: serie di eventi che sono connessi tra di loro oppure evento traumatico prolungato |
esempio: stupro, grave incidente automobilistico, rapimento, disastri naturali |
esempio: ripetuti maltrattamenti, come violenza sessuale o fisica nell’ infanzia, ostaggio prolungato, ripetuta violenza di coppia, guerra NB: deve risultare l’ incapacità da parte della vittima di porre fine al trauma o di evitarlo |
conseguenze: frequente e vivida rievocazione dell’ evento traumatico, remissione veloce della sintomatologia, buona prognosi di terapia |
conseguenze: la rievocazione dell’ evento traumatico è meno frequente, elevata tendenza alla dissociazione, presupposti e schemi interni altamente disfunzionali. Si tratta di PTSD complesso e prognosi di terapia peggiore/sfavorevole |
Tabella I: Descrizione di traumi tipo I, tipo II (Boos, 2005)
Questa differenziazione dei due tipi di traumi non ci aiuta a inquadrare meglio il fatto della soggettività dell’ esperienza traumatica, però serve a distinguere bene a priori quello che potrebbe essere un PTSD che va seguito con una terapia con approccio “riparativo” che mira ad un “levare” i sintomi tipici del PTSD, da un disturbo PTSD nel quale il lavoro terapeutico da svolgere sarà “generativo” (Giannantonio, 2002). A tale tipologia di PTSD si associano con relativa frequenza patologie variegate come disturbi dissociativi, disturbi di personalità e in generale la creazione di modelli operativi interni disfunzionali o scissi. (Briere, 1997; Liotti, 1994; Semerari, 2003). Per il trattamento del PTSD di secondo tipo allora non servirà tanto la desensibilizzazione nei confronti di specifici eventi traumatici ( anche se può essere utile). Ma in questo caso l’ approccio indicato dovrà mirare ad una ripresa dello sviluppo del sistema motivazionale dell’ attaccamento, una integrazione di modelli operativi interni disfunzionali oppure un’integrazione del Sè in senso lato. (Wilson, Friedman, Lindy, 2001 in Gianantonio, 2002)
Problemi relativi alla prevalenza
Si può dire che la maggior parte degli autori colloca la prevalenza del PTSD intorno al 10 % della popolazione esposta ad un evento stressante (Brom et al., 1993 in Alexander, McFarlane, 2004).
Ma gli stessi autori annotano che i tassi di prevalenza vengono determinati da una serie di fattori, quali per esempio l’ intensità dell’ esposizione, dai fattori di rischio, nonché dai criteri di reclutamento dei diversi studi.
Importante mi sembra differenziare tra eventi traumatici di tipo I e di tipo II. Il tasso di prevalenza sopra citato si riferisce al PTSD di tipo I. Per il PTSD di tipo II, che egualmente può condurre a una serie di disturbi psichiatrici e non, e può generare patologie a lungo termine, come disturbi di personalità, disturbi dissociativi, disturbi alimentari, l’abuso di sostanze, l’automutilazione ( van der Kolk, 2004) la prevalenza non è valutabile.
Fattori di rischio
Gli studi che cercano a individuare i fattori di rischio hanno potuto evidenziare alcuni fattori per l’età adulta (Brewin et al. , 2000).
I fattori hanno valore predittivo e si possono distinguere in fattori di rischio che si riferiscono all’ insorgenza in una certa popolazione, in fattori di rischio che si riferiscono all’ intensità dello sviluppo del PTSD ed in fattori di rischio che costantemente possono predire un PTSD.
Per le tre categorie sono state rilevate i seguenti fattori di rischio:
Fattori di rischio che si riferiscono all’ insorgenza in una certa popolazione, |
§ sesso femminile, § inizio precoce della traumatizzazione, § minoranza etnica |
fattori di rischio che si riferiscono all’ intensità dello sviluppo del PTSD |
§ basso stato socio – economico § basso livello di intelligenza § basso livello culturale § altri traumi subiti in precedenza § altri fattori negativi nell’ infanzia § fattori stressanti dopo il trauma § mancanza di sostegno dopo l’evento traumatizzante § ulteriori fattori stressanti |
fattori di rischio che costantemente possono predire un PTSD.
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§ anamnesi psichiatrica antecedente § anamnesi psichiatrica antecedente di uno dei famigliari § abuso/ maltrattamenti nell’ infanzia
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Tabella 2: Fattori di rischio per lo sviluppo di un PTSD in adulti (Boos, 2005)
Altre variabili per lo sviluppo di un PTSD riportate in letteratura sono: risposta soggettiva all’ evento stressante (condizioni di salute della vittima nei mesi successivi all’ evento), il supporto o risorse sociali attive dopo l’evento e le variabili personali della vittima come: età precoce, variabili genetiche, elevata reattività psicosomatica, bassa autostima, la precedente esposizione a traumi, relazioni familiari disfunzionali. (Arieh Y. Shalev, 2004, Vecchiarelli, 2002).