Aspetti psicologici, fattori eziologici e Modelli Operativi Interni
Per avere una visione chiara sull’ impatto che gli eventi traumatizzanti possono aver sulla vita psichica delle vittime ci si può riferire ai seguenti modelli:
a) il modello di Ehlers e Clarks ( fattori di mantenimento )
b) il modello dei fattori eziologici ( transizione dallo stress al disturbo) di van der Kolk et al.,
c) gli studi di vari autori che in patologie psichiche hanno individuato eventi traumatici significativi e che hanno cercato di spiegare in che modo questi eventi abbiano potuto costituire un forte impatto per tutto il funzionamento psichico in termini di Modelli Operativi Interni (MOI) e/o in termini di schemi cognitivi interni
Fattori di mantenimento
Il modello costruito da Ehlers und Clark (2004) si riferisce al circolo vizioso che si istaura dopo “l’ interpretazione” di un evento traumatico e dà il via ad un PTSD cronico.
Figura 1. Modello cognitivo per il PTSD cronico secondo Ehlers e Clark (2000)
Il modello spiega come l’evitamento degli stimoli (a livello cognitivo e comportamentale ) sia responsabile per il mantenimento del disturbo. A causa di quest’evitamento la vittima è ostacolata nel correggere l’interpretazione disfunzionale della realtà attuale, che è ormai “senza pericolo”. Gli autori si basano sulla conoscenza, condivisa dalla maggior parte degli autori, che l’esperienza di ansia intensa (insopportabile, annientante) stia alla base del disturbo, e che questa esperienza abbia il suo risvolto nell’ ambito clinico a causa di tre componenti:
§ la tipologia della memoria traumatica
§ l’ interpretazione disfunzionale del trauma e delle conseguenze
§ il comportamento fortemente evitante di situazioni “stressanti” e l’attivazione di comportamenti rassicuranti che a loro volta sono responsabili della non – correzione dell’ interpretazione disfunzionale dell’ evento.
Gli autori fanno riferimento alla ri- esperienza intrusiva, che ha carattere di “qui ed ora”, che viene ricordata sensorialmente, che può avvenire senza stimoli connessi direttamente all’ esperienza traumatica ( per questo possiamo parlare di una “miriade” di stimoli attivanti).
Ehlers e Clark integrano anche le conoscenze relative ai diversi tipi di memoria specifica e annotano che le caratteristiche e specificità della memoria implicita e di quella procedurale sono responsabili della riesperienza intrusiva e della reattività autonoma.
Fattori eziologici
Il modello di van der Kolk (2004) sottolinea come non sia l’evento traumatico in sé che produce il trauma, ma il pattern allo stress acuto innescato dall’evento.
Figura 2. Fattori eziologici che influenzano la transizione dallo stress al disturbo conseguente al trauma (van der Kolk, 2004)
Lo stress è la reazione comune all’ orrore, al senso di impotenza e alla paura ( van der Kolk, et al., 2004 )
Gli autori van der Kolk, MC Farlane e Weisaeth suddividono il decorso in:
– risposta acuta da stress
– risposta cronica all’ evento traumatico
– adattamento dell’ individuo alla necessità di convivere con lo stato sintomatico cronico del PTSD
Il modello di van der Kolk et al. mette in evidenza che anche molti altri fattori come le modalità di coping, la personalità, altri episodi nella vita, la storia familiare e la risposta ambientale influiscono sullo sviluppo del PTSD. Tutti questi fattori non solo danno il loro “contributo”, ma interagiscono tra di loro nel processo dell’ evolversi del disturbo psicologico.
Modelli Operativi Interni e/o schemi interni significativi
Il concetto di Modelli Operativi Interni ha origine nella tradizione psicologica costruttivista. Sottolinea il fatto che gli esseri umani sono produttori di senso e che essi “organizzano il loro mondo in base a una teoria della realtà che in parte è cosciente, in gran parte rappresenta un’ assimilazione inconscia delle esperienze accumulate” ( van der Kolk, 2004, Janet,1889, Freud 1920, Horowitz,1986, Pennebaker, 1992).
Soggetti affetti da PTSD sviluppano profonde distorsioni nel modo in cui elaborano le informazioni perché restringono il loro campo di attenzione alle potenziali fonti di minaccia (Kardiner, 1941). Questa nota è sostenuta tutt’oggi dalla maggior parte degli autori; MC Farlane, Weber e Clark, Krystal, van der Kolk per nominare solo alcuni.
Negli ultimi decenni le conoscenze sul ruolo del trauma infantile nei disturbi di personalità in età adulta (Herman et al. ,1989), ad esempio per il disturbo borderline di personalità o in altri disturbi complessi, hanno incrementato l’interesse verso le conseguenze a lungo termine del trauma infantile sulla futura personalità adulta. Affermano van der Kolk, MC Farlane e Weisaeth che un trauma avvenuto nell’ infanzia pone le basi per una serie di disturbi psichiatrici, come il disturbo borderline di personalità (Herman et al. 1989) il disturbo di somatizzazione ( Saxe, 1994), i disturbi dissociativi (Rosse et al. 1990, Saxe et al. 1993) , l’ automutilazione (van der Kolk et.al., 1991) , disturbi alimentari (Herzog et al. 1993) e l’ abuso di sostanze (Abueg et al. ,1991). Non c’è però connessione diretta tra trauma e disturbo psichiatrico. I fattori sopra descritti, come le modalità di coping, la personalità del soggetto, altri episodi nella vita, la storia familiare e la risposta ambientale fanno sì che i pazienti sembrino organizzare gran parte della propria vita attorno a schemi ripetitivi di riattivazione e di allontanamento di ricordi, sollecitazioni ed affetti traumatici.
Molteplici scritti sembrano condividere il fatto che la qualità del legame con i genitori è l’ elemento più importante nel determinare possibili danni a lungo termine nei bambini esposti ad eventi stressanti (van der Kolk et al. 1994).
Inoltre vi è discussione sul possibile ruolo dei comportamenti poco sintonizzanti da parte di genitori nei confronti dei loro figli ( causa di attaccamento disorganizzato /insicuro) (Bowlby,1988 ) come evento traumatizzante prolungato nel senso di “stress emotivo”. Inoltre si discute, se eventi traumatizzanti in soggetti con attaccamento insicuro/e /o disorganizzato siano solo condizioni sfavorevoli rispetto all’ elaborazione e integrazione funzionale dell’ evento traumatizzante. (Liotti, 2003, Semerari, 2005, Young et al. 2005). “È auspicabile”, scrive van der Kolk, “che nel futuro la ricerca e la pratica clinica siano guidate da una più piena comprensione della complessa interazione tra processi evolutivi e stress traumatico.” (van der Kolk, 2004).
I diversi concetti di: Schemi Interni, Inner-Working- Models, Early Maladaptive Schemas, Modelli operativi interni (MOI), hanno tutti in comune l’assunzione che uno schema mentale disfunzionale sia responsabile per l’innesco del disturbo psichico con tutte le sue conseguenze a livello comportamentale. Questi concetti possono aiutare a inquadrare e a delineare ciò che nella mente di un soggetto può instaurarsi come conseguenza di eventi stressanti soprattutto se prolungati o ripetuti nel tempo.
Entrando in questa logica e riprendendo il concetto di PTSD di I e di II tipo, è sensato delineare in grandi linee una diversità di approccio nel trattamento dei disturbi del PTSD.
Per la “vittima” del PTSD di tipo I saranno meno importanti l’elaborazione dei molteplici schemi interni significativi connessi tra di loro e che si compromettono a vicenda, oppure dei MOI, poco integrati o in contraddizione tra di loro. Ma sarà di fondamentale utilità l’intervento a livello di rielaborazione mentale e la riformulazione della “pericolosità” attuale.
Per soggetti affetti di PTSD di tipo II il lavoro “terapeutico” consisterà pure nell’ elaborazione mentale dell’ evento e di una riformulazione della “pericolosità” attuale, ma anche e soprattutto nelle riformulazioni dei MOI e/o degli schemi cognitivi interni significativi.
Nel capitolo seguente si cercherà di delineare come con l’aiuto di tecniche immaginative si possono affrontare i sindromi del PTSD.
Le tecniche immaginative riportate riprendono l’evento traumatico e lavorano su di esso; ma non si limitano a questo, danno anche possibilità di lavorare sui Modelli Operativi Interni.